Ormai sembra diventata una moda, o forse stiamo più attenti rispetto a prima a questi fenomeni, ma pare non ci debba mai essere fine allo sversamento di petrolio negli oceani di tutto il mondo. Dopo il disastro della BP, quello della Cina e i tanti altri più o meno grandi che si sono susseguiti negli ultimi mesi, se ne aggiunge uno nuovo al largo delle coste indiane.
Due navi, una portacontainer e una petroliera, si sono scontrate a tre chilometri dal porto di Mumbai. La collisione ha portato la petroliera ad inclinarsi pericolosamente, ed ovviamente questa posizione innaturale ha permesso al petrolio contenuto di uscire e riversarsi in mare. Secondo le prime stime si stanno così perdendo 5 tonnellate di carburante ogni ora.
Sulla Chitra si stima fossero presenti oltre 2 mila tonnellate di benzina, diesel e lubrificanti, oltre che altri prodotti chimici tossici come i pesticidi, il che significa che il processo di sversamento potrebbe continuare ancora per molto tempo. L’incidente è avvenuto nella giornata di sabato, ma oggi, a quasi due giorni di distanza, ancora le operazioni di recupero non sono state ultimate. A complicare la situazione ci si mette il cattivo tempo che tiene le navi di soccorso lontane dal luogo dell’incidente, e così le autorità si sono viste obbligate a chiudere il porto di Mumbai fino a data da destinarsi.
Ma la marea nera, proprio come nel Golfo del Messico, non perde tempo, e dalle prime notizie che giungono dal Paese asiatico pare abbia già raggiunto il primo villaggio costiero, mettendo in pericolo le attività di pesca dell’area. Le autorità brancolano nel buio e, per adesso, non hanno la minima idea di quando le attività potrebbero riprendere normalmente. Sono almeno 400 i container già caduti nel Mar Arabico, e non si sa quanti ancora ne cadranno, visto che le onde alte non fanno avvicinare nessuno.
Il primo ministro indiano Ashok Chavan ha dichiarato
La situazione è molto grave E’ già stata aperta un’indagine che vede coinvolti i due capitani, intanto cercheremo di arginare le perdite il più in fretta possibile
ma intanto le attività ittiche sono sospese, e considerando che in quella zona la pesca è l’attività principale, sarà davvero dura far digerire un disastro ecologico a popolazioni che già sopravvivono a stento.
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