Come abbiamo potuto dimostrare già tempo fa, la BP ha mentito (ancora una volta) affermando che il petrolio disperso durante i quasi 4 mesi di apertura della falla era stato tutto ripulito. Oltre ai vari fattori già analizzati, ne andava considerato un altro, e cioè che le popolazioni che vivono lungo le coste denunciavano gli operai della compagnia petrolifera, accusati di nascondere il petrolio sotto la sabbia.
Così un gruppo di attivisti di Greenpeace è andato ad indagare, ed ha trovato una sorpresa decisamente poco piacevole. Sulle spiagge dell’isola di Horn, al largo del Mississipi, è bastato scavare piccoli buchi nella sabbia per vedere il colore della stessa cambiare dal tipico colore giallastro in uno sempre più scuro, fino al nero. Avevano trovato il petrolio.
Purtroppo non si trattava di una sorgente, ma semplicemente dei residui che avevano raggiunto la spiaggia e che gli addetti ai lavori ingaggiati dalla compagnia petrolifera britannica, anziché ripulire, avevano semplicemente coperto con della sabbia. Ora, oltre al problema etico ed ambientale, si aggiunge il fatto che questo posto dove Greenpeace ha scavato si trova a pochissimi metri dai siti di nidificazione delle tartarughe, il che le mette decisamente in pericolo.
Tra l’altro l’area è considerata protetta per l’alta presenza di diverse specie marine, e dunque al danno si aggiunge anche la beffa. Non si tratta comunque solo di un caso, spiega Adam Walters che è andato a scavare a mani nude. Non è quello l’unico punto imbrattato dal petrolio dato che, trasferendosi sull’altro versante dell’isola, la situazione non cambia.
Ma cosa ha fatto la BP? Apparentemente solo danni in quanto, oltre a non aver ripulito tutta la cosiddetta “marea nera“, rimasta sotterrata o ancora presente in alcune zone dell’oceano, ha causato ulteriori pericoli per l’ecosistema dato che utilizzando ruspe e disperdenti chimici potrebbe aver dato il colpo di grazia a quelle specie di pesci e uccelli che vivono in quelle aree. Le ricerche sui danni della BP non finiscono qui, ma la Arctic Sunrise, la nave degli attivisti, continua il suo tour nelle zone del Golfo colpite per cercare di tirare le somme di un bilancio sicuramente terrificante.
Fonte e foto: [Greenpeace]