Ad oltre un anno della marea nera capitata nel Golfo del Messico in seguito all’esplosione della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon della BP, finalmente possiamo dire di avere in mano i dati definitivi del disastro. E già questo, il fatto di averci messo più di un anno per calcolarli, fa capire l’entità di ciò che è accaduto. A portare a termine quest’improba missione ci hanno pensato i ricercatori del Woods Hole Oceanographic Institution (WHOI).
Secondo i loro calcoli, l’incidente ha permesso la dispersione di petrolio ad una velocità di circa 57.000 barili al giorno, per un totale di quasi 5 milioni di barili rilasciati tra il 20 aprile ed il 15 luglio 2010, quando il buco è stato definitivamente tappato. Purtroppo non è andato perso solo petrolio, ma anche circa 100 milioni di metri cubi al giorno di gas naturale.
I risultati, pubblicati sulla rivista del Proceedings of National Academy of Sciences (PNAS), si avvicinano molto alle stime ufficiali, in modo da essere certi che si tratti di numeri sicuri. Per effettuare i propri calcoli, il WHOI nel mese di maggio 2010 ha installato due strumenti acustici su un veicolo comandato a distanza denominato Maxx3, il quale inviava un segnale Acoustic Doppler Currente Profiler o ADCP, che misura lo spostamento Doppler del suono, ed un altro con il sistema di imaging multibeam-sonar, che opera secondo gli stessi principi dell’ecografia medica. In questo modo era come avere occhi e orecchie a quasi un chilometro sotto il livello del mare.
Abbiamo puntato l’ADCP sui getti di petrolio e gas che venivano fuori, e sulla base della variazione di frequenza degli echi si potrebbe dire solo la velocità con cui si muovevano. L’imaging ti dà l’equivalente di immagini in bianco e nero della sezione trasversale del flusso di petrolio e gas
ha spiegato Richard Camilli, autore dello studio. In pochi minuti, hanno ottenuto più di 85.000 misurazioni Doppler, e sono riusciti a distinguere petrolio e gas dall’acqua di mare grazie ad oltre 2.500 immagini sonar dei getti. Moltiplicando queste superfici medie per la loro velocità media gli studiosi hanno ottenuto una stima accurata del tasso di petrolio e gas andati perduti.
L’analisi del campione ha mostrato che il liquido fuoriuscito era composto dal 77% di petrolio e dal 22% di gas naturale. Dei quasi 5 milioni di barili di petrolio rilasciati, circa 800.000 sono stati recuperati direttamente dal pozzo con misure di contenimento che hanno permesso di non disperderlo nell’ambiente. Peccato però che alla fauna marina, all’acqua e ai residenti sia toccato di smaltire i rimanenti 4,2 milioni di barili.
[Fonte: Sciencedaily]
Jaulleixe 17 Settembre 2011 il 4:44 pm
ecco, è importante non indurre, con il “raffreddamento” della notizia, una sottostima delle conseguenze!
Paola P. 19 Settembre 2011 il 1:12 pm
vero e gli effetti a lungo termine sono decisamente ancora tutti da valutare…