Ne restano poco più di 200, e poi potremo dire addio alle lontre italiane. E’ questo l’allarme lanciato nei giorni scorsi dall’Università di Trieste che, in collaborazione con il corpo Forestale dello Stato, sta tentando di salvare le ultime lontre rimaste in Italia. Si tratta dei mustelidi, piccoli animaletti che vivono nei fiumi, la cui specie europea (Lutra lutra) è considerata prossima alla minaccia.
E mentre le lontre europee sono prossime alla minaccia, quelle italiane sono letteralmente prossime all’estinzione. Raggruppate ormai soltanto nel Parco Nazionale del Pollino, in quello della Maiella e nella zona tra Ticino e Alto Adige, se ne contano meno di 250, vittime di bracconaggio (tra il ’63 ed il ’73 ne sono state uccise 660) e distruzione dell’habitat, tanto che dal vivere in quasi tutti i fiumi di grandi dimensioni, ora sono costrette a rifugiarsi nei parchi nazionali.
Purtroppo molte finiscono uccise o ferite anche a causa di investimenti stradali, e questa piaga è davvero difficile da combattere, pure più difficile del bracconaggio. Ma le cause non finiscono qui. A metterle in pericolo c’è anche la scarsità idrica che riduce la disponibilità alimentare della lontra, lo sfruttamento dei bacini e la pesca eccessiva. Tutte attività riconducibili all’uomo.
Siamo in allerta dato che i nostri fiumi sono molto degradati e discontinui, mentre il mustelide per diffondersi e colonizzare nuovi territori ha bisogno di muoversi per chilometri. Il Piano d’azione nazionale per la conservazione della lontra ha individuato una serie di interventi per incrementare la popolazione e migliorare l’ecosistema
spiega Livia Mattei, primo dirigente del Corpo Forestale, la quale apre ad una serie di iniziative che si svolgerano su tutto il territorio nazionale. Il passo più importante, visto che di esemplari ce ne sono davvero pochi, è tentare di salvare gli animali feriti, curarli e rimetterli in libertà. Ma l’aspetto più impegnativo sarà soprattutto preservare il loro habitat naturale, altrimenti ogni sforzo sarà vano.
Photo Credits | Thinkstock
Commenti (1)