Cosa sta succedendo al settore termoelettrico in Italia? Tra tutti i settori di produzione quello termoelettrico sembra l’unico letteralmente impazzito. Sicuramente è quello che inquina di più, ma questo non è un problema, dato che per l’attività che svolge è ovvio che possa emettere maggiormente degli altri settori. E’ vero che è l’unico, rispetto al 2006, ad aver diminuito le emissioni di CO2 nell’atmosfera, da 149 milioni di tonnellate a 146,6, mentre gli altri hanno tutti più o meno aumentato le emissioni, ma il problema sta nel fatto che questi erano autorizzati.
Infatti nel 2007 la Community Transaction Log (CITL, in pratica una Commissione Europea sull’ambiente) ha assegnato ad ogni comparto dell’industria di ogni Paese una quota di emissioni entro la quale queste potevano essere effettuate. Per quanto riguarda il settore di produzione di vetro e ceramica le quote non sono cambiate dal 2006, e addirittura questi comparti sono stati talmente attenti da emettere una quantità leggermente inferiore a quella consentita. Stesso discorso per il comparto dell’acciaio, le cui emissioni sono di molto superiori (circa il quadruplo del vetro e 10 volte la ceramica) e quindi più difficilmente controllabili, e per la raffinazione, che comporta il doppio dell’inquinamento dell’acciaio. Quasi in pari anche il comparto carta, leggermente in rosso quello del cemento, mentre quello del termoelettrico ha continuato ad ignorare le quote assegnategli dalla Commissione Europea, continuando ad emettere oltre 24,8 milioni di tonnellate in più del consentito. Nessuna azienda è esente da colpe, anche se c’è qualcuno come la Tirreno Power e l’Eni che hanno tentato di migliorare la situazione, mentre per l’Enel e l’Edison la situazione è disastrosa e pare non possa migliorare nemmeno in futuro.