Gli interferenti endocrini rappresentano un fattore di rischio affatto trascurabile, specie per la salute dei bambini e delle donne in gravidanza, soggetti maggiormente esposti alla contaminazione in quanto più vulnerabili e permeabili fisicamente. Prima di analizzare i dati, a dir poco preoccupanti, provenienti dall’ultimo rapporto in merito elaborato dall’ISS nell’ambito del progetto Previeni, chiariamo cosa si intende con interferente endocrino, avvalendoci della definizione riportata dallo stesso Istituto Superiore di Sanità, elaborata nel 1996 nell’ambito dello European Workshop on the Impact of Endocrine Disrupters on Human Health:
Un interferente endocrino è una sostanza esogena, o una miscela, che altera la funzionalità del sistema endocrino, causando effetti avversi sulla salute di un organismo, oppure della sua progenie o di una (sotto)popolazione.
Gli interferenti endocrini è noto minino la fertilità, compromettendo l’apparato riproduttivo per via della loro influenza sugli ormoni sessuali. Fonte di contaminazione, oltre all’alimentazione, sono gli oggetti del vivere quotidiano, di uso comune, come detergenti, plastiche, tessuti:
composti perfluorurati-PFC, ftalati, ritardanti di fiamma, pesticidi, policlorobifenili-PCB persistenti nell’ambiente.
Lo studio di cui parliamo oggi, presentato stamane a Popoli (PE), si è avvalso della collaborazione oltre che dell’ISS, del WWF, del Dipartimento Salute della Donna e Medicina del Territorio-Università Sapienza di Roma/Ospedale Sant’Andrea e dell’Università di Siena. A finanziarlo il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.
Da un’analisi condotta su un campione di 250 coppie affette da infertilità, 10 mamme e rispettivi figli e diverse specie animali, è emerso, tra l’altro, che gli interferenti endocrini penetrano sin nella placenta. Otto bambini su dieci nascono contaminati anche se non manifestano apparentemente conseguenze alla nascita.
Dallo studio risulta che la contaminazione è inferiore nei territori delle Oasi WWF, dove il contatto con la natura incontaminata rende meno intensa l’esposizione agli interferenti. Gli individui maggiormente esposti delle aree urbane risultato invece molto più a rischio per quanto riguarda l’insorgere di infertilità e disturbi correlati alla riproduzione.
La dottoressa Donatella Caserta, ordinario di ginecologia e ostetricia dell’Università di Roma “Sapienza”, ha spiegato che la contaminazione dell’ambiente è un nemico insidioso che minaccia gli ecosistemi, permea il nostro cibo e gli oggetti che usiamo mettendoci in pericolo:
Per ridurre i rischi, dobbiamo limitare la nostra esposizione a queste sostanze, attraverso stili di vita e scelte alimentari consapevoli. Ed è sempre più necessaria la realizzazione di adeguati programmi di controllo, sulla base di un sano principio di precauzione.
E’ essenziale, ha spiegato Eva Alessi, responsabile sostenibilità del WWF Italia, istituire oasi naturali che costituiscono una
una risorsa positiva anche per la salute umana, capace di migliorare le condizioni di vita ed aumentare il benessere. Nell’ultimo ventennio, la forte industrializzazione ha determinato una contaminazione ambientale diffusa senza precedenti. Mai come oggi, la normativa in materia di sostanze chimiche deve diventare più efficace e restrittiva, nell’ottica di salvaguardare la salute dell’uomo e dell’ambiente.
Deb 1 Marzo 2017 il 2:34 am
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