Incredibile ma vero, il mondo sa che la Shell inquina ma glielo permette. L’incidente della Kulluk di un mese fa in cui una nave si era prima incagliata tra i ghiacci dell’Alaska e poi è stata trasportata via senza lasciar cadere nemmeno una goccia di carburante è stata, è proprio il caso di dirlo, solo la punta dell’iceberg. Il Dipartimento dell’Energia e dei Cambiamenti Climatici (DECC) americano ha infatti calcolato che negli ultimi 10 mesi il colosso anglo-olandese ha provocato 429 perdite di petrolio nel Mare del Nord.
Si tratta della stessa area in cui sta operando ora, ed in cui vuole intensificare le operazioni. È una vera e propria tragedia per l’ecosistema marino, già minacciato dalla pesca non sostenibile, ed ora messo in pericolo anche dagli sversamenti.
La proposta del WWF sarebbe di tagliare a tutte le compagnie i sussidi statali per sostenere l’estrazione del petrolio. Ma se proprio si vogliono continuare ad elargire questi soldi, la soluzione sarebbe quella di darli solo a quelle compagnie che non combinano disastri. In questo modo ad ogni sversamento verrebbero sottratti fondi, e la Shell, come le altre compagnie petrolifere, sarebbe costretta ad ammodernare i propri impianti e mettere la sicurezza al primo posto nelle sue priorità. Prima ancora anche del profitto.
La risposta della compagnia è che si stanno prendendo provvedimenti per ridurre questi incidenti a partire dall’approccio più cauto alle perforazioni. Inoltre in quest’ultimo anno sono aumentati i fondi da dedicare alla pulizia dei mari, ma il problema è che non bisogna spendere dopo che il disastro viene combinato, ma la spesa va fatta proprio per evitare l’incidente stesso. Qui parliamo della Shell, ma ricordiamo che non è l’unica. Nella sua relazione il WWF cita anche la BP, la Oil & Gas UK ed altre compagnie, tutte responsabili di sversamenti vari. Non c’è una compagnia buona ed una cattiva, ma solo tante compagnie che, per il Dio Denaro, sono disposte anche a distruggere il pianeta, se necessario.
[Fonte: The Guardian]
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