Un team di ricerca franco-americano, in un recente studio pubblicato sulla rivista di divulgazione scientifica Nature Geoscience, ha evidenziato il ruolo chiave che svolgono i ghiacci nel ciclo del mercurio nell’Artico.
Bloccando la luce del sole, le distese di ghiaccio marino influenzerebbero la ripartizione e il trasferimento in atmosfera di forme tossiche di mercurio presenti nelle acque di superficie del Mar Glaciale Artico.
Questi risultati suggeriscono che il clima gioca un ruolo chiave nel ciclo del mercurio, e che le emissioni di mercurio in atmosfera potrebbero essere accentuate dallo scioglimento del ghiaccio marino artico.
Dall’inizio della rivoluzione industriale, le emissioni di mercurio (Hg) di origine antropica derivanti dalla combustione di combustibili fossili hanno superato le emissioni naturali. Entrambe le emissioni, antropiche e naturali, (che sono dovute soprattutto agli oceani e ai gas emessi dai vulcani) raggiungono le regioni polari, sotto l’azione delle correnti atmosferiche. In questo modo, l’inquinamento atmosferico contribuisce a depositare mercurio negli ecosistemi artici, anche se questi sono lontani dalle principali fonti di emissioni di origine antropica.
Nel clima artico, il mercurio elementare è ossidato in una forma che si deposita facilmente nella criosfera (neve, ghiaccio). Poi, quando il ghiaccio si scioglie, questa forma ossidata a sua volta può essere rimessa in circolo e trasformata, attraverso processi biologici e fisico-chimici, in una tossina: metilmercurio (CH3Hg). E’ questa forma tossica che viene ingerita dagli organismi viventi. Si accumula in tutta la catena alimentare e può raggiungere concentrazioni di un milione di volte maggiori di quelle misurate nelle acque di superficie al vertice della catena. Negli ultimi due decenni, il mercurio e il metilmercurio monitorati in diverse regioni dell’Artico hanno mostrato andamenti contrastanti. Quali sono le ragioni di queste variazioni? Quali processi governano il ciclo del mercurio?
Per capire meglio questi fenomeni, i ricercatori si sono concentrati sulle uova di uccelli marini raccolte in diverse aree artiche e del sub-artico (Golfo di Alaska, Mare di Bering e il Mare di Chukchi). La quantità di mercurio contenuta nelle uova fornisce un quadro accurato dei livelli di mercurio presenti negli ecosistemi artici, in un dato momento.
Conoscendo l’importanza del ruolo svolto dalla luce nella fotodegradazione del metilmercurio, i ricercatori sono riusciti a stabilire quanto di questa tossina poteva essere distrutto dalla luce solare, sia in presenza che in assenza di ghiaccio marino. In questo modo, hanno determinato che la presenza di ghiaccio marino impedisce sia la ripartizione fotochimica del metilmercurio sia limita gli scambi di mercurio tra l’Oceano Artico e l’atmosfera.
[Fonte: “Methylmercury photodegradation influenced by sea-ice cover in Arctic marine ecosystems”, Nature Geoscience]
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