E’ appena stato pubblicato il rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che riferisce sul collegamento tra inquinamento e malattie. Stilato in collaborazione con l’Agenzia Europea per l’Ambiente, lo studio ha valutato la qualità dell’aria del vecchio Continente, ed in particolare la quantità di ozono che, ad alte concentrazioni, può essere nocivo per la salute. Ebbene, dalla valutazione è emerso che nessun Paese in Europa rispetta i limiti fissati per legge, ma quello peggiore di tutti è l’Italia.
A dir la verità la situazione tragica del nostro Paese non è dovuta soltanto all’incuria e alla poca attenzione per gli aspetti ambientali, ma rientrerebbe nel calcolo di formazione dei gas nocivi anche il fattore geografico. Infatti pare che la situazione italiana sia particolare in quanto ai gas serra prodotti antropicamente (trasporti e produzione energetica su tutti), si aggiungano le alte temperature e l’assenza di vento (o comunque quantità di vento inferiori rispetto a quelle del Nord Europa) che comportano un ristagno dell’aria la quale, ricambiandosi poco, finisce con il peggiorare la sua qualità.
Il limite fissato per legge, considerato pericoloso dopo tale soglia per la salute umana, è di 120 microgrammi di ozono per metro cubo d’aria, non superabile per più di 25 giorni all’anno. Questa soglia non è stata rispettata da nessun Paese europeo, e su questo ci sarà da discutere, anche perché non tutti hanno i problemi geografici che abbiamo noi, ma la produzione elevata di inquinanti è dovuta ad attività, soprattutto industriali, poco attente all’ambiente. Dove invece si distingue l’Italia è sui rilevamenti di breve termine, dato che siamo gli unici in Europa a superare i 50 giorni di sforamento considerati pericolosi a livello europeo.
Una situazione preoccupante specialmente nel Nord Italia, dove l’attività industriale è più attiva, con la Val Padana che fa registrare livelli record come quello di Valmadrera, in provincia di Lecco, che ha fatto registrare il rilevamento di ozono più alto d’Europa: 240 microgrammi per metrocubo per oltre 4 giorni di fila, in pratica il doppio della soglia di pericolo. Una situazione che, spiegano dall’Istituto, non può attribuirsi solo al caldo record dell’ultimo decennio, visto che le prime rilevazioni pericolose risalgono a quasi 20 anni fa.
[Fonte: Corriere della Sera]