Se l’obiettivo dell’Italia era ridurre l’inquinamento, è stato raggiunto. Se invece era di tagliare le emissioni fino al punto da evitare fenomeni come il riscaldamento globale, allora siamo ancora molto lontani. Analizzando il rapporto Ambiente Italia 2013 di Legambiente scopriamo che rispetto al 1990 si respira meglio, ma ancora non a sufficienza da trasformare questo respiro in un sospiro di sollievo.
I dati parlano chiaro: rispetto all’anno preso come riferimento dal Protocollo di Kyoto prima e per tutti gli altri obiettivi europei e mondiali dopo, ovvero il 1990, l’Italia ha ridotto le sue emissioni del 6%. Un buon risultato, non c’è che dire, considerando che fino a pochi anni fa viaggiavamo intorno al +11% di emissioni. Il problema è che dobbiamo arrivare al 2020 mantenendo un -20% (l’Europa nel suo complesso è molto vicina all’obiettivo essendo al -19%), e siamo ancora molto lontani dal successo. Paradossalmente i Paesi che stanno facendo meglio sono quelli dell’ex Unione Sovietica, forse perché stanno abbandonando il carbone, che hanno dimezzato le proprie emissioni rispetto al 1990. Ma non siamo i peggiori. Ci sono altri Stati come la Spagna o Cipro che hanno tassi di inquinamento di parecchio maggiori rispetto a vent’anni fa.
Ma da dove provengono tutte queste emissioni? È importante scoprire la causa per capire dove agire. E così la risposta non ci sorprende granché: la maggior parte, circa il 35%, deriva dalla produzione energetica. Una quantità che quasi raddoppia se si considerano le attività ad essa correlate. Quello che ci sorprende semmai è che il settore dei trasporti, che è uno dei più inquinanti, emette quantità di CO2 di poco inferiori a quelle dell’energia, il che ci fa capire che qui c’è molto lavoro da fare. Le altre voci che compongono il totale di oltre 400 milioni di tonnellate annue che l’Italia emette sono nell’ordine agricoltura, industria e rifiuti.
La principale conseguenza dell’inquinamento è, come sappiamo, l’aumento della temperatura media. E allora ecco i dati dal 1880 ad oggi. La temperatura media all’inizio delle rilevazioni, a fine diciannovesimo secolo, era di 13,78 gradi Celsius. Nel 2012 è stata di 14,56 gradi, quasi un grado in più. Meno di un grado in più di un secolo sembra un dato non allarmante. Ed invece lo è eccome perché fino agli anni ’30 le registrazioni erano regolarmente oscillanti, cioè un anno aumentavano ed un anno diminuivano, attestandosi sempre intorno agli stessi valori. Dalla fine degli anni ’30, da quando cioè è stata sfondata la soglia dei 14 gradi, le temperature hanno cominciato a crescere costantemente. Il dopoguerra, con l’industria mondiale quasi tutta in ginocchio, ha contribuito a riportare le emissioni, e di conseguenza le temperature, più in basso, fino agli anni ’90 quando la temperatura mondiale media ha cominciato a crescere senza sosta arrivando alla quota attuale. L’incremento di un grado quindi non è da considerarsi in oltre un secolo, ma in circa 20 anni. E considerando che i valori aumentano continuamente, la famosa soglia dei 2 gradi sarà difficile da evitare.
[Fonte: Legambiente]
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