Da mesi ormai non si fa altro che parlare di Ilva. Le dimensioni dell’industria, il fatturato miliardario, i posti di lavoro creati e la quantità di persone che ha ucciso o fatto ammalare hanno scosso le coscienze di tutti noi, tanto da diventare ormai uno dei temi principali della nostra attualità. Eppure, stando ad un recente rapporto di Legambiente, l’Ilva è solo una delle tante. Anzi, c’è di peggio.
Si è parlato tanto della famosa Aia 2012 in cui il Ministero dell’Ambiente autorizzava l’azienda tarantina a lavorare (inquinando) seguendo però regole stringenti. L’associazione ambientalista ha dimostrato invece che ci sono in Italia altre 19 aziende che inquinano poco meno dell’Ilva, ma non hanno nemmeno ottenuto l’Autorizzazione Integrata Ambientale. Questo fa di loro le industrie più inquinanti d’Europa, nonché industrie fuorilegge dato che non ottengono l’autorizzazione da 5 anni, e per questo gravano sulle tasche dei cittadini che pagano le multe a livello comunitario.
Stiamo parlando del polo petrolchimico di Gela, di Sassari, di Portovesme e di Priolo, dello stabilimento chimico di Tessenderlo, vicino Verbania, dell’industria siderurgica di Piombino, per non parlare poi delle inquinantissime centrali a carbone Enel di Porto Marghera, La Spezia e Porto Tolle. Ma ce ne sono anche in Emilia, in Piemonte ed in altre Regioni italiane per un totale di dieci stabilimenti chimici, sei centrali termiche, due acciaierie e una raffineria petrolifera.
Abbiamo fatto questo dossier per evidenziare che l’Ilva non è l’unico caso di questo tipo in Italia. Certo quello è il caso più eclatante e più grave. Ma attenzione, perché in Italia se si parla di Autorizzazioni integrate ambientali ci sono ancora tantissimi problemi irrisolti. La direttiva Ippc ha la valenza di porre come obbligo il rinnovamento tecnologico degli impianti, portando da una parte al miglioramento delle condizioni ambientali, al risparmio di acqua e di energia ed al conseguente calo dei costi di produzione, dall’altra alla possibilità di essere competitivi. Di fatto le trasformazioni previste dalla Ippc, a partire dall’utilizzo delle migliori tecnologie possibili, porterebbero a fenomeni di innovazione, rilancio industriale e ottimizzazione delle risorse
ha spiegato il responsabile scientifico di Legambiente Giorgio Zampetti.
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