Alcuni ricercatori hanno identificato due geni essenziali che controllano l’accumulazione e la detossificazione dell’arsenico nelle cellule delle piante. Il loro isolamento aiuterà gli scienziati a ridurre l’accumulo del metallo tossico nelle colture.
I risultati arrivano dopo l’allarme lanciato alcuni giorni fa sulla tossicità dell’acqua in cinque regioni italiane, inquinata da arsenico, e anche durante le votazioni e le manifestazioni sulla riforma Gelmini che va a tagliare i fondi alla ricerca. La ricerca, in questo caso, è frutto della collaborazione di studiosi provenienti dall’Europa, dall’Asia e dagli USA che hanno partecipato al programma PHIME (Public Health Impact of long-term, low-level Mixed Elements exposure in susceptible population strata), sovvenzionato dall’Unione europea con 13,43 milioni di euro.
L’inquinamento dell’acqua da arsenico è presente principalmente nelle aree degradate di Asia e Stati Uniti, dove la trivellazione di pozzi di perforazione, costruiti nell’Asia sudorientale con materiali d’occasione, poco profondi e non controllati; le attività minerarie nelle regioni della Cina, della Thailandia e degli USA, fanno aumentare il valore del metallo tossico nell’acqua, superando i limiti imposti dall’Organizzazione mondiale della sanità e sviluppando malattie a volte irreversibili. Milioni di persone ogni giorno sono esposte ai rischi provocati dall’assunzione di arsenico perché bevono acqua contaminata o perché si cibano di cereali coltivati in terreni inquinati. Solo in Bangladesh sono oltre 25 milioni le persone che bevono acqua contenente oltre 50 microgrammi per litro di arsenico, contro i 10 mcg/l stabiliti per legge e 2 milioni di loro rischiano di morire di cancro.
L’identificazione dei due geni che regolano l’accumulazione di arsenico nelle cellule vegetali potrebbe essere la chiave di volta per eliminare questo problema perché le piante costituiscono una via attraverso la quale l’arsenico o il cadmio entrano nella catena alimentare. I metalli vengono trasportati nelle cellule delle piante e accumulati in particole dette vacuoli. Intervenire su di essi significa evitare l’assunzione dei metalli tossici, come spiegano i ricercatori del progetto PHIME.
Identificando i geni responsabili del trasporto e della conservazione vacuolare della fitochelatina, abbiamo trovato l’anello mancante che la comunità scientifica cercava da 25 anni. Occupandoci di questi geni, potremmo evitare l’accumulo di questi metalli pesanti nelle parti commestibili della pianta come i chicchi o i frutti.
[Fonte: Commissione Europea]
[Foto: gianandreablog; gronell]
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