Se non sapete a quanto corrisponde la vostra impronta idrica, siete in buona compagnia. Per impronta idrica si intende la quantità di acqua dolce utilizzata per qualsiasi aspetto della vita di un essere umano, che sia bere un caffè, mangiare un piatto di carne o indossare un maglione. Ognuno di questi aspetti della nostra vita quotidiana ha un’impronta idrica e, com’è facile immaginare, quella di noi Occidentali è molto più alta di quella di un nostro coetaneo del Terzo Mondo.
Per esempio quanto pensate che sia l’impronta idrica di un alimento molto comune come una tazza di caffellatte? Nella nostra tazza entrano 200-300 millilitri del mix di caffè e latte, e considerando quanta acqua ha dovuto bere la mucca per produrre il latte e quella che ci vuole per coltivare il caffè, si può pensare a qualche decina di litro di acqua. Sbagliato, la cifra reale supera i 200 litri. Per la precisione ci vogliono 207 litri di acqua per realizzare una normale tazza di caffellatte. Il concetto di acqua virtuale, cioè il conteggio di quanta acqua viene sprecata per la produzione dei nostri cibi e di tutto il resto, è una creazione del prof. Tony Allen che ha così voluto denunciare gli sprechi idrici di cui siamo tutti responsabili.
La situazione è chiaramente insostenibile, ed è andata peggiorando di anno in anno, a scapito di quelle popolazioni a cui non rimane più acqua per sopravvivere. Secondo l’Unesco oggi il 41% della popolazione mondiale vive in uno stato di “grave stress idrico”, ed entro il 2025 potrebbe raggiungere il 66%. Se invece prendiamo in considerazione soltanto l’acqua “reale” che utilizziamo, cioè quella che beviamo e quella che usiamo per lavarci o per altri scopi, il consumo in Occidente è di 150 litri al giorno, contro gli 86 litri di un cinese ed i soli 46 di un keniano.
Con questo però non diciamo che non bisogna lavarsi. Infatti il 70-80% dell’utilizzo idrico è destinato all’agricoltura. Produzione di cibo che, come sappiamo, finisce per la stragrande maggioranza in Occidente e, purtroppo, passa troppo facilmente dal frigorifero alla spazzatura.
[Fonte: The Guardian]
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