In tutto il tarantino l’Ilva ha causato morti e malati per anni. Ma se c’è un punto maggiormente colpito, questo è senza dubbio il rione Tamburi, il più vicino agli scarichi dello stabilimento, dove i tassi di malattie respiratorie e tumori sono i più elevati d’Europa. Nell’attesa di ultimare i lavori di ammodernamento degli impianti per rendere l’aria più salubre, oggi arriva la risposta shock del sindaco Ippazio Stefàno: trasferire tutto il quartiere in un’area più salutare.
E quest’area è già stata individuata. Si tratterebbe degli insediamenti della Marina Militare, una zona a ridosso del mar Grande, di competenza demaniale. Una volta era destinata alle esercitazioni e agli alloggiamenti dei militari, oggi invece è deserta, disabitata, dunque perché non sfruttarla? Queste abitazioni, che fino a pochi anni fa ospitavano i militari e le loro famiglie, dovrebbero essere sufficienti a coprire l’intero rione Tamburi, come un’enorme tendopoli come si fa per gli sfollati del terremoto.
Ripristinare la legalità all’Ilva potrebbe richiedere anni. Per questo, nella speranza che in tutto questo periodo lo stabilimento non chiuda, il sindaco ha proposto di spostare i cittadini in zone più vivibili. La proposta, almeno sulla carta, non fa una piega. L’area interessata infatti è attualmente disabitata, è di competenza demaniale ed essendo l’Ilva fino ad una trentina di anni fa di proprietà statale (si chiamava Italsider), allora parte della responsabilità di questi tumori è anche dello Stato che può compensare offrendo gli alloggi.
Dal punto di vista umano invece è tutto un altro paio di maniche. Già le persone che perdono la casa a causa di un terremoto non vogliono abbandonare la loro abitazione, figuriamoci se lo farebbero persone la cui casa è ancora agibile. Inoltre tra oggi e domani dovrebbe essere depositata la motivazione della sentenza di primo grado che ha di fatto bloccato gli impianti e, a seconda di cosa reciterà, potrebbe anche portare allo spegnimento definitivo degli impianti, almeno finché non saranno completati i lavori di ammodernamento. E se così dovesse essere, il trasferimento risulterebbe inutile. Il problema semmai è come far sopravvivere i quasi dodicimila dipendenti dell’impianto e le loro famiglie.
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