Se lo sport nazionale italiano è il calcio, il secondo sport è senza dubbio lo scarica barile. Ancora una volta si ripete la solita storia in cui chi prende una decisione non se ne prende mai la responsabilità, scaricandola sugli altri. E’ accaduto questa volta a Taranto, in sede di sentenza sullo stop ai lavori dell’Ilva. La politica, che si sa è molto più attenta al denaro che alla salute dei cittadini, spingeva affinché le attività dell’azienda continuassero. Dall’altra parte il giudice Todisco aveva disposto la chiusura degli impianti finché non saranno prese le dovute contromisure. Nella sentenza depositata ieri in pratica si dice che è vero che non si può continuare a lavorare in queste condizioni, ma che se si vogliono spegnere gli impianti, la responsabilità è tutta dell’azienda.
Questi i passaggi più significativi:
lo spegnimento è una delle scelte tecniche possibili. […] non è compito del tribunale stabilire se e come occorra intervenire nel ciclo produttivo o, semplicemente, se occorra fermare gli impianti trattandosi di decisione che dovrà necessariamente essere assunta sulla base delle risoluzioni tecniche dei custodi.
Tradotto significa che non è il tribunale a decidere di spegnere gli impianti, ma questa scelta rimane aperta come lo sono le altre. E tra le altre ce n’è solo una che può salvare sia il lavoro che la salute:
l’impianto siderurgico può funzionare ove siano attuate determinate misure tecniche che abbiano lo scopo di eliminare ogni situazione di pericolo per i lavoratori e la cittadinanza.
Dunque ora la patata bollente passa alla dirigenza che se investe subito in ammodernamento e rende l’aria respirabile intorno alla fabbrica, può continuare a lavorare, altrimenti in caso se la prendessero comoda si spegne tutto e si riapre solo a lavori ultimati. Il che significa chissà tra quanti anni. Nella sentenza infine si specifica che il blocco delle lavorazioni e degli impianti viene momentaneamente fermato, ed ora la palla passa ai custodi che
dovranno valutare e adottare tutte le possibili scelte operative e quelle concretamente idonee a salvaguardare l’integrità e la sicurezza degli impianti e a consentire, in ipotesi, la ripresa dell’operatività.
Insomma, come al solito in Italia si tira la pietra e si nasconde la mano. Ora i tarantini non sanno più con chi possono prendersela ed il loro futuro resta ancora incerto.
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