Ultime notizie dall’Ilva: riparte l’area a freddo ma non tutti tornano a lavorare, mentre l’azienda cerca ogni cavillo per il dissequestro almeno parziale dei beni lavorati.
All’Ilva di Taranto solo una parte dei 535 dipendenti torneranno a lavorare, nonostante la ripartenza dell’area a freddo. La situazione resta drammatica sotto tutti i punti di vista: per gli operai, per l’ambiente, per l’azienda stessa.
Gli operai dell’Ilva sono stati parzialmente tranquillizzati dalle parole del presidente Bruno Ferrante che ha garantito il pagamento degli stipendi di febbraio, ma la prospettiva di migliaia di dipendenti in cassa integrazione resta a gravare come una scure su molti dei lavoratori dell’impianto. E mentre riparte l’area a freddo, non tutti tornano a lavorare. D’altro canto se si analizza la situazione sotto il profilo ambientale, e quindi dei gravissimi danni alla salute che gli impianti provocano a Taranto, la situazione è nerissima. Nonostante la fiducia del governo nelle possibilità dell’azienda di mettere in atto le prescrizioni dell’Aia, ancora non si sa dove l’Ilva troverà i 3,5 miliardi di euro necessari. L’azienda stessa (cui non possono essere imputate tutte le responsabilità per la situazione odierna, ma nemmeno poche, questo è sicuro) versa in condizioni difficili. L’Ilva ha di recente dichiarato di essere disposta a far entrare nella gestione degli impianti nuovi partner, ma bisognerà vedere se davvero si troverà qualcuno disposto a imbarcarsi nell’impresa.
Nel frattempo l’azienda continua a esercitare pressioni sulla magistratura per il dissequestro dei beni, ora richiesto in forma parziale in relazione a del materiale bloccato seppur la data di colaggio dello stesso fosse precedente al 26 luglio (almeno così sostiene l’azienda). Nemmeno per questo lotto di beni relativamente piccolo (il valore è stimato in 32 milioni di euro) c’è tuttavia grande ottimismo riguardo alle decisioni della magistratura. La situazione, nonostante la ripartenza dell’area a freddo, resta quindi tesissima per tutti.
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