Altro che morti nella media e inquinamento entro i limiti di legge. La proprietà dell’Ilva, il gruppo Riva, era a conoscenza dei problemi ambientali che l’acciaieria tarantina comportava sin da prima di acquistarla dalla Fintecna, ex Italsider, nel 1995. Lo ha denunciato il deputato PD Ludovico Vico che ha chiesto un’interrogazione parlamentare in seguito alla scoperta di un fondo accantonato proprio dalla proprietà precedente (statale) per affrontare momenti di difficoltà come questo.
In sostanza l’Italsider aveva accantonato 140 milioni di euro per il risanamento ambientale di Taranto. Questi soldi erano stati momentaneamente immagazzinati sotto forma di titoli di Stato, e poi trasferiti al Gruppo Riva nel ’95, al momento dell’atto della privatizzazione dell’azienda. Afferma l’on. Vico che
l’Iri garantiva di non aver posto in essere atti e comportamenti di natura dolosa o gravemente colposa in materia ambientale, impegnandosi, al riguardo, a tenere indenne l’acquirente da perdite risultanti da violazioni di legge in materia di ambiente.
Da quel momento in poi una serie di passaggi da un tribunale all’altro avevano portato alla luce il problema ambientale causato dall’impianto siderurgico, il quale veniva rimandato di anno in anno fino al 2008. L’accusa di Vico in sostanza riguarda il fatto che gli acquirenti sapevano benissimo cosa stavano acquistando e a quali pericoli andavano incontro, e potevano tranquillamente utilizzare questo fondo da 140 milioni quasi vent’anni fa per tutelare la popolazione tarantina dalle emissioni della propria industria.
Nell’interrogazione parlamentare viene sottolineato come i provvedimenti presi all’epoca avrebbero potuto salvare tantissime vite umane e fatto risparmiare ai tarantini le malattie polmonari presenti oggi. E non venissero a dire che ai vertici dell’Ilva non lo sapevano. Intanto oggi si attende la sentenza definitiva sull’Aia 2012 presentata pochi giorni fa dal Ministero dell’Ambiente. In breve, questa autorizzazione prolunga la “vita” dell’azienda nelle condizioni attuali, consentendole di avviare le procedure di spegnimento e bonifica con più calma. Se venisse bocciata, la legge prevede che l’impianto venga spento subito, ma il Governo si opporrebbe e si profilerebbe una dura battaglia.
[Fonte: la Stampa]
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