Nella gara alla conquista dello spazio, le superpotenze mondiali si sono dimenticate di un aspetto molto importante: le rilevazioni dell’inquinamento dal di fuori della sfera terrestre. Si sono fatti esperimenti veramente su ogni cosa, dalla sopravvivenza degli animali in assenza di gravità al funzionamento delle penne a sfera, ma mai a nessuno è venuto in mente che qui sulla Terra c’è qualcosa che va rilevato molto più urgentemente: i gas serra.
Per questo ieri il Giappone ha lanciato in orbita il primo satellite in grado di rilevare, da un’altezza di 666 chilometri, 56 mila punti sul globo terracqueo e le loro emissioni. Il satellite si chiama “Ibuki“, che in italiano significherebbe “Respiro”, un nome che già fa capire quale sarà la sua impresa.
L’eccezionalità di Ibuki non sta soltanto nell’essere il primo a rilevare le emissioni di gas serra provenienti dal suolo, ma anche quelle che si sedimentano sulla superficie delle acque; la sua diversità da tutte le altre rilevazioni fatte finora sta nel fatto che è in grado di rilevare questi dati anche nei Paesi in via di sviluppo, i quali fino ad ora non subivano alcun controllo, ma che, di anno in anno, stanno diventando inquinanti almeno quanto i grandi Paesi industrializzati. Basti infatti pensare alla Cina, che ha poche centrali di rilevazione delle emissioni serra, e tra l’altro di dubbia utilità; l’India, ma anche il Brasile, e pure la deforestazione delle aree tropicali africane che producono moltissimo inquinamento senza che nessuno ne sia messo al corrente.
Il suo funzionamento si basa sulla rilevazione di 56 mila punti sparsi in mezzo globo (per la rilevazione totale c’è bisogno di almeno un altro satellite, il cui lancio però non è in programma per adesso), i cui dati saranno confrontati con i 282 rilevatori sul terreno per poter dare un risultato il più completo possibile. Ma la sua utilità non finisce qui. Fanno sapere dalla Jaxa, l’agenzia spaziale giapponese, che la sua funzione è anche quella di capire il movimento nell’atmosfera di questi gas, un punto su cui gli scienziati di tutto il mondo dibattono da qualche anno, ma su cui ancora non si è trovato un accordo. Ibuki resterà in orbita per 5 anni, tempo utile per capire, speriamo in tempo, cosa ne sarà del nostro futuro.