Ieri un’azione di Greenpeace ha mostrato tutte le capacità dell’associazione ambientalista quando si tratta di protestare in mare. Obiettivo della manifestazione sono state due imbarcazioni che pescavano acciughe. Nulla di male, se non fosse che utilizzavano reti a strascico (illegali) e che con questi metodi si pesca molto più del necessario. Per questo due gommoni hanno affiancato ed assaltato, proprio come un’azione piratesca, le due imbarcazioni, trasportando con sé gli striscioni “questa pesca svuota il mare” e “esperimento pericoloso”.
L’azione rientra nell’ambito di Arctic Sunrise, una campagna intrapresa da Greenpeace per protestare contro ogni forma di pesca eccessiva in tutto il mondo, dalla caccia alle balene nel mar del Giappone fino alle sardine del Mediterraneo. La protesta è legata all’autorizzazione, chiamata “licenza sperimentale”, che il Ministero delle Politiche Agricole concede ogni 6 mesi alle aziende ittiche per pescare. Il problema è che queste imbarcazioni, a conti fatti, tolgono dal mare il doppio del pesce che secondo calcoli scientifici la natura riesce a sopportare (5160 tonnellate di acciughe contro le 2349 consentite), mettendo in serio pericolo la sopravvivenza di questa specie nel Canale di Sicilia. I dati non sono inventati dall’associazione ma sono ufficiali, provenienti dallo studio della Commissione Generale per la Pesca nel Mediterraneo (CGPM) della FAO.
Dato che lo stock [di acciughe] è in questo momento sovrasfruttato, lo sforzo di pesca deve essere ridotto tramite un piano di gestione pluriennale fino a quando non ci saranno le prove di un recupero dello stock. Devono essere definite notevoli riduzioni delle catture assieme a riduzioni dello sforzo di pesca…
si legge nella conclusione della relazione dell’anno 2012. La soluzione per uscire da questa crisi la offre proprio Greenpeace: non rinnovare le licenze “sperimentali” decennali, dato che di scientifico non c’è proprio nulla, e smettere di pescare il pesce azzurro d’inverno quando i pesci sono ancora troppo piccoli e dunque sono inservibili per l’industria, e non riescono nemmeno a riprodursi. Cominciano da qui le grane del nuovo Ministro delle Politiche Agricole.
[Fonte e foto: Greenpeace]