In Gran Bretagna la Shell ha trascorso un brutto fine settimana qualche giorno fa. Settantaquattro sue stazioni di rifornimento sono state letteralmente assaltate dagli attivisti di Greenpeace che le hanno chiuse con la forza. La causa scatenante della protesta, in perfetto stile Greenpeace, è che la compagnia petrolifera sta facendo di tutto per trivellare il Mare Artico, uno degli ecosistemi più delicati al mondo.
Il tentativo della protesta era di chiudere 105 stazioni di servizio, ma è andato a buon fine solo in 74, che hanno portato a 24 arresti tra Londra ed Edinburgo. La manifestazione ha ricalcato il classico modus operandi dell’associazione: alcuni attivisti si sono calati sul tetto della stazione ed hanno coperto il logo con uno striscione di protesta con su disegnato l’ormai iconico orso polare. Hanno poi preso delle barriere mobili ed hanno chiuso l’accesso alle pompe di fronte ad ignari automobilisti giunti lì per il pieno. Un pieno che non avrebbero potuto fare visto che le pompe sono state bloccate attraverso un bottone per il blocco di emergenza e il fusibile per il ripristino è stato rimosso. Infine hanno posizionato in cima alla stazione una riproduzione di un orso polare a grandezza naturale.
La protesta rientra nella serie di manifestazioni promosse da Greenpeace all’interno della campagna Save the Arctic che mira a prevenire la trivellazione petrolifera e la pesca industriale nella regione artica riconosciuta molto instabile e per questo zona protetta. Nonostante questa consapevolezza la Shell ha ottenuto i primi permessi per trivellare nella zona dell’Alaska, ed altre concessioni le hanno ottenute i russi di Gazprom.
Secondo quanto riportato dagli attivisti pare che addirittura il personale delle stazioni si sia mostrato quasi collaborativo, non si sia opposto alla protesta ed abbia risposto in maniera civile. Nonostante gli arresti le proteste si sono immediatamente allargate a tutt’Europa ed arrivano notizie di manifestazioni simili anche in Danimarca, Olanda e Germania.
[Fonte: The Guardian]
Photo Credits | Getty Images
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