Dalla crisi economica se ne può uscire soltanto attraverso la Green Economy. Quante volte abbiamo ripetuto questa frase? I lettori più assidui di Ecologiae sanno che lo predichiamo da anni, ma ora a pronunciare la stessa affermazione sono due politici che hanno il potere di fare qualcosa: Janez Potocnik, commissario europeo all’Ambiente, e Corrado Clini, Ministro dell’Ambiente italiano. Anche se, come sempre, bisogna ammettere che la politica ambientale del nostro Ministro è sempre con il freno a mano tirato.
Ma cosa hanno detto queste due importanti personalità? L’occasione sono gli Stati Generali della Green Economy che si sono tenuti a Rimini in occasione di Ecomondo. Il filone che tutti seguono è semplice: investire nell’ambiente per far ripartire l’economia. Fosse facile, direte voi.
Investire nella green economy significa investire nella competitività futura, nella crescita economica e nella creazione di posti di lavoro. La crescita economica nell’Italia di domani ci sarà se sappiamo cogliere oggi le opportunità offerte dalla transizione verso la green economy
ha spiegato il commissario Potocnik, tirando un po’ le orecchie ai nostri politici accusati sostanzialmente di non fare abbastanza in quest’ottica. Tra le idee presentate durante l’incontro c’è sostanzialmente l’intervento nei seguenti campi: ecoinnovazione, efficienza energetica ed eco-riqualificazione edilizia, sviluppo delle rinnovabili, gestione e riciclo dei rifiuti, bioagricoltura e mobilità sostenibile. Tutti campi in cui una volta l’Italia dettava legge, e che oggi invece ci siamo incredibilmente messi alle spalle.
Ma da dove ripartire? Ad esempio dall’efficienza energetica grazie alla quale con qualche piccolo intervento strutturale sugli oltre centomila edifici pubblici, scuole comprese, del territorio nazionale si può arrivare a risparmiare un terzo dell’energia consumata; oppure dalle rinnovabili che oggi danno lavoro a più di centomila persone ma che si concentrano maggiormente nella Lombardia. Secondo i dati presentati a Rimini hanno le stesse potenzialità anche Regioni come Marche, Sicilia, Piemonte e Toscana, in modo da rilanciare l’occupazione.
Ma ancora, migliorare la gestione delle risorse e dei rifiuti e almeno tentare di raggiungere quei Paesi europei dove le discariche non esistono nemmeno ma si registra un tasso di riciclo del 60%, contro il 33% italiano; per non parlare delle filiere agricole, eccellenza italiana per anni che oggi stiamo riscoprendo grazie alle coltivazioni bio, o alla mobilità sostenibile, il nostro più grande tallone d’achille ma con grandi potenzialità. E la politica cosa fa? Questa la risposta di Clini a tutte queste obiezioni:
La lista delle priorità per lo sviluppo della green economy in Italia è lunga, ma inizia con una parola: semplificazione. Negli anni è avvenuta una sedimentazione di norme nate per difendere l’ambiente che invece ottiene il risultato opposto. Fino al paradosso di opere per l’ambiente che non vengono fatte – o rallentate di anni – proprio per motivi ambientali. Blocchi e ritardi causati anche da localismi e abitudini consolidate senza una visione complessiva.
Insomma, Clini come sempre dice che la colpa non è del Ministero dell’Ambiente ma delle leggi italiane troppo complesse. Siamo d’accordo, semplifichiamo, ma lo diciamo da anni e perché non si muove mai nulla?
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