In assenza di un accordo tra i paesi membri, la Commissione Europea estende di 18 mesi l'autorizzazione all'uso del glifosato ed attende il parere della European Chemicals Agency.
Un compromesso molto europeo che probabilmente lascia tutti scontenti e rimanda la soluzione del problema a tempi migliori. Potremmo sintetizzare così le ultime novità sul dossier ‘glifosato’, l’erbicida che da diversi mesi è al centro di un duro confronto tra paesi che ne chiedono la messa al bando ed altri che ne vorrebbero prorogare l’autorizzazione per l’uso in agricoltura. In mancanza di una maggioranza qualificata in grado di esprimersi sul rinnovo dell’autorizzazione all’uso del glifosato, la Commissione Europea ha approvato nelle scorse ore un provvedimento che proroga di ulteriori 18 mesi l’autorizzazione provvisoria che era in scadenza lo scorso 30 giugno.
Glifosato autorizzato sino alla fine del 2017
Come abbiamo avuto modo di raccontare già negli scorsi mesi l’autorizzazione all’uso del glifosato per la produzione di prodotti fitosanitari è scaduta nel dicembre del 2015. In assenza di una posizione condivisa tra gli stati membri si era allora deciso di procedere con una proroga temporanea di 6 mesi durante i quali intavolare un dibattito più ampio. Le diverse posizioni si sono però ripetute a più riprese nei mesi scorsi con il risultato di avvicinarsi alla data del 30 giugno senza una maggioranza qualificata per esprimere una nuova posizione. Proprio il perdurare di questo scenario si è infine tradotto nella già citata ‘proroga della proroga’ che sostanzialmente mantiene il regime attuale per l’utilizzo del glifosato in agricoltura sino alla fine del 2017.
La complessa situazione creatasi nelle istituzioni europee era stata illustrata dal Commissario per la Salute e la sicurezza alimentare Vytenis Andriukaitis in una dichiarazione rilasciata lo scorso primo giugno. Andriukaitis, dopo aver ricordato il rigore delle norme comunitarie in tema di sostanze utilizzabili in agricoltura, ha spiegato che nel comitato chiamato ad occuparsi della questione glifosato sono emerse posizioni contrastanti. Anche se la maggioranza degli stati membri si è espressa a favore di un rinnovo dell’autorizzazione, non è stata raggiunta una maggioranza qualificata e molti paesi hanno evitato di prendere posizione.
In questo scenario generale Andriukaitis ha anche richiamato gli stati europei ad assumersi direttamente le proprie responsabilità senza scaricarle sulle istituzioni comunitarie. Il commissario ha infatti ricordato che l’autorizzazione all’uso di una sostanza da parte dell’UE non impedisce ai singoli stati membri di limitarne o impedirne l’uso. L’autorizzazione all’impiego dei prodotti finali basati su un dato principio attivo spetta infatti ai singoli paesi.
Viceversa, spiegava ancora Andriukaitis, la mancata autorizzazione UE ad una sostanza ne rende automaticamente vietata la vendita in tutta l’Unione togliendo ai singoli stati la possibilità di scegliere in maniera autonoma.
Il giudizio ECHA sul glifosato
L’intervento del commissario Andriukaitis conteneva anche il percorso futuro del dossier glifosato. Un contributo -si spera definitivo- alla vicenda dovrà arrivare dalla European Chemicals Agency (ECHA, Agenzia europea delle sostanze chimiche), l’agenzia che con i suoi studi assiste il lavoro dei legislatori europei nel campo delle sostanze chimiche. Non esiste al momento nessuna data certa per il pronunciamento dell’autorità di regolamentazione, ma è noto che l’ECHA è già a lavoro per poter esprimere in tempi ragionevolmente brevi il proprio parere.
Alla luce della considerazioni precedenti la Commissione Europea proponeva quindi agli stati membri di sospendere ogni decisione sul glifosato fino al ricevimento del parere dell’ECHA e di prorogare temporaneamente l’autorizzazione precedente.
Proprio su questa base lo scorso 29 luglio la Commissione Europea ha infine approvato la proroga di 18 mesi per l’uso del glifosato in agricoltura e si è impegnata allo stesso tempo a porre il futuro parere dell’ECHA alla base del successivo processo decisionale.
Cosa dice la scienza sul glifosato
La mancata decisione sulla proroga o sul bando del glifosato emersa nelle istituzioni europee rispecchia almeno in parte una più ampia incertezza anche del mondo scientifico che finora ha espresso risultati discordati. Ne abbiamo diffusamente parlato nei mesi scorsi ma, riassumendo la questione, sono principalmente tre gli studi scientifici che analizzano gli effetti del glifosato sulla salute umana:
- A marzo 2015 l’International Agency for Research on Cancer (IARC) ha classificato il glifosato nel gruppo 2A delle sostanze ‘probabilmente cancerogene’. Proprio questa classificazione è stata uno degli elementi che più ha acceso il dibattito a livello europeo.
- A pochi mesi di distanza nel novembre 2015 Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha aggiornato il profilo tossicologico del glifosato. Esaminando numerosi studi -incluso quello dello IARC- il gruppo di esperti incaricato della revisione paritetica conclude che «è improbabile che il glifosato sia genotossico (cioè che danneggi il DNA) o che rappresenti una minaccia di cancro per l’uomo».
- È infine cronaca di queste settimane un terzo studio congiunto tra OMS e FAO. Questa nuova analisi appare moto in linea con i risultati esposti dall’EFSA osservando che anche a dosi di esposizione elevata il glifosato non sembra avere effetti genotossici. Allo stesso tempo i livelli di esposizione dovuti all’alimentazione non sembrano costituire un rischio cancerogeno per l’uomo.
In questo clima di incerta a più livelli, la notizia della proroga all’uso del glifosato ha prodotto reazioni di delusione tra quanti in Italia si battono per la messa al bando. Il gruppo StopGlifosato ha sottolineato su Facebook come una proroga di 18 mesi rispetto ad un rinnovo dell’autorizzazione per 15 anni sia già un segnale forte ribadendo anche l’impegno a tenere alta la guardia per le prossime scadenze. Lifegate sottolinea invece il dato ‘istituzionale’ sorto attorno al glifosato con la Commissione costretta a sopperire a disaccordi e disinteresse degli stati membri.
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