Oggi 8 giugno, in occasione della Giornata mondiale degli oceani, si accendono i riflettori sul pianeta blu: abissi in pericolo, meraviglie dei fondali dimenticate e scarsamente protette, fauna e flora marina a rischio che vanno ad allungare la lista rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura.
La Giornata Mondiale degli Oceani è nata a Rio de Janeiro nel 1992 nel corso della Conferenza Internazionale su Ambiente e Sviluppo. Oggi il segretario delle Nazioni Unite, Bang Ki-Moon ha ricordato che
lo sfruttamento eccessivo delle risorse di vita marine, il cambiamento climatico e l’inquinamento derivante da attività e materiali pericolosi, minacciano fortemente l’ambiente marino.
E che
numerose azioni sono già state compiute nel quadro della Convenzione delle Nazioni Unite del 1982 sul Diritto del Mare – la nostra “costituzione per gli oceani”. Più di 15 anni dopo la sua entrata in vigore, la Convenzione continua ad essere la nostra guida in materia. Ma se vogliamo salvaguardare la capacità degli oceani di soddisfare molte e variegate necessità, dobbiamo agire di più.
E’ il WWF a ricordare l’enorme ricchezza del patrimonio oceanico: gli oceani non solo come fonte di biodiversità e bellezza ma come risorsa da custodire e amministrare consapevolmente.
Forse non tutti sanno che dagli oceani dipendono 170 milioni di posti di lavoro al mondo, mentre tocca quota 520 milioni il numero delle persone che in qualche modo devono la loro attività ed il loro sostentamento alle risorse marine. Eppure gli oceani sono scarsamente tutelati, nell’insignificante misura dell’1%: il restante 99% è solcato da pescherecchi che praticano una pesca spesso sconsiderata e selvaggia, una pesca che sta affamando ed impoverendo i mari e mettendo a rischio i delicati equilibri degli ecosistemi oceanici.
Per non parlare dell’inquinamento delle acque e dei gravi danni ambientali di petroliere e carrette dei mari. Lo testimoniano i più o meno gravi incidenti che hanno afflitto gli oceani nel corso della storia umana. Meno recenti, come quello della Exxon Valdez e, attualissimo, quello della marea nera, il disastro ambientale in corso ormai da giorni nel Golfo del Messico, considerato una delle più pesanti catastrofi causate dall’uomo al pianeta blu.
Il WWF punta il dito contro i governi di tutto il mondo, rei di aver fallito nella gestione delle risorse ittiche. C’è in corso un vero e proprio saccheggio dei mari: il 65% dello stock di pesci presente nelle aree di alto mare, quelle al di fuori delle giurisdizioni nazionali, è sovrasfruttato. La pesca a strascico distrugge le barriere coralline di profondità. I pescatori illegali strappano al mare un bottino da 1,2 miliardi di dollari l’anno. La soluzione, per Marco Costantini, responsabile Mare del WWF Italia, è
contrastare la pesca illegale, grazie anche alla ratificazione dell’Agreement on Port State Measures. Poi ci si deve impegnare per impedire la circolazione di navi oceaniche “carretta”, alcune delle quali atte al trasporto del petrolio: la Exxon Valdez, petroliera che nel 1989 si infranse su uno scoglio dell’Alaska, circola ancora oggi dopo più di venti anni, e solo da pochi anni non trasporta più petrolio.
Tornando sul disastro della marea nera, Costantini auspica
per quanto riguarda le attività estrattive, la messa in campo di valutazioni di rischio che includano la previsione e la quantificazione dell’enorme danno ecologico, sociale ed ambientale in caso di disastri come quello attualmente in corso nel Golfo del Messico, che avrà conseguenze sugli ecosistemi marini e costieri per almeno 50 anni.
Vi lasciamo con delle immagini meravigliose e una speranza: che fondali magici, creature degli abissi misteriose, un patrimonio di biodiversità e bellezza inestimabile come quello degli oceani possa sopravvivere e sopravviverci, non solo in foto.