Nota la questione del porto di Gioia Tauro e del carico di armi chimiche provenienti dalla Siria, meno nota la situazione complessiva dei porti italiani in merito a dotazioni per i controlli volti a individuare le merci contaminate: da Catanzaro a Reggio Calabria, i Vigili del fuoco denunciano mancanze e malfunzionamenti.
Una interessante indagine di Repubblica fa luce sull’inadeguatezza di diversi porti italiani nel controllo del transito di merci contaminate: in particolare si sottolinea come gli scanner per la misurazione della radioattività denominati Rtm910t, per i quali è stato investito nel 1000 l’equivalente di circa 23 milioni di euro, funzionano male o non funzionano proprio. Nel 2003 gli scanner sono stati testati ma alla fine non si è mai giunti a un loro costante e regolare utilizzo.
I vigili del fuoco di Reggio Calabria e Catanzaro, più precisamente i nuclei NBCR, (Nucleare Batteriologico Chimico Radiologico) denunciano inoltre la propria mancanza di attrezzatura specializzata. Lasciano a bocca aperte le parole di Antonio Jiritano del coordinamento nazionale confederale Usb dei vigili del fuoco:
Le tute protettive sono scadute, e non solo, anche la strumentazione per la decontaminazione è in condizioni di abbandono. Inoltre non esiste un piano congiunto con le Asl per un intervento d’emergenza, c’è il rischio quindi di ostacolarsi a vicenda.
Ci pensa lo stesso Jiritano, inoltre, a dare una visione dall’interno estremamente chiara della problematica relativa agli scanner Rtm910t di cui sopra:
gli scanner non funzionano quasi in nessun porto. Ogni giorno da tutta Italia ricevo segnalazioni dai colleghi vigili del fuoco che lamentano la mancanza di fondi necessari alla manutenzione. Senza questo strumento aumenta la possibilità di eludere i controlli sulle sostanze radiattive: un rischio per tutti coloro che entrano in contatto con la merce, senza contare gli eventuali traffici illegali.
Il presidente di Legambiente Aspromonte Domenico Rositano, conferma tale pericolosa (a dir poco) disorganizzazione, sottolineando che i casi più gravi restano quelli di Gioia Tauro e La Spezia, ma naturalmente qui si tratta di un problema di tutta la penisola.
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