Gas scisto, più inquinante del gas tradizionale, del petrolio e persino del nero carbone. Ad evidenziare l’apporto devastante dello shale gas all’effetto serra è un recente studio pubblicato sulla rivista Climate Change, condotto da un’équipe di ricercatori afferente alla Cornell University di New York.
Gli autori, coordinati da Robert Howarth, hanno scoperto che il metano estratto dalla frantumazione delle rocce produce emissioni di gas serra in proporzioni maggiori rispetto alle fonti di energia sopra citate. Questo metano sarebbe un gas serra 20 volte più potente della CO2.
La causa di questo devastante contributo alle emissioni in atmosfera è imputabile, secondo gli esperti, al procedimento di estrazione del gas dalle rocce. Per fratturarle, infatti, vengono impiegati in misura massiccia prodotti chimici, oltre che un ingente quantitativo di acqua. L’acqua, trascorso qualche giorno, riemerge in superficie trascinandosi dietro anche il metano. Parte di questo gas va però a riversarsi in atmosfera con conseguenze ben note.
Spiegano gli autori dello studio che
L’impronta dello shale gas è più grande di quella del gas e del petrolio convenzionali, in ogni orizzonte di tempo ma in particolare nell’arco di 20 anni, rispetto al carbone, l’impronta dello shale gas è almeno il 20% superiore, forse il doppio nell’arco di 20 anni, e sostanzialmente simile nell’arco di tempo di 100 anni.
Un giacimento di shale gas, nel corso della sua vita media, riversa in atmosfera una percentuale piuttosto alta della produzione totale del metano, individuata dai ricercatori tra il 3,6% ed il 7,9%. Rispetto ad un giacimento di gas tradizionale, per dare un’idea più chiara della sproporzione, la dispersione è superiore dal 30% al 100%.
La Francia ha deciso di bloccare le autorizzazioni allo sfruttamento dei giacimenti di gas scisto, in attesa di scovare nuove tecnologie per l’estrazione meno rischiose per l’ambiente. Ad annunciarlo il premier francese Francois Fillon.
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[Fonte: ASCA]