A Fukushima potevamo evitare il disastro. Ad un anno e mezzo dal più devastante incidente nucleare della storia, la società responsabile della sicurezza della centrale nucleare giapponese fa il mea culpa. Un passo indietro che sa tanto di lacrime di coccodrillo visto che tutti sin dal primo momento le hanno addebitato la responsabilità dell’incidente, e dopo oltre un anno di scarica barile, finalmente se ne prende la colpa.
Anche perché ormai l’azienda è stata condannata al pagamento dei danni, e dunque non vale più la pena giocare a nascondino.
Ripensando all’incidente, il problema è stato che non erano stati compiuti preparativi. Avremmo potuto prendere misure necessarie valutando precedenti tsunami? Sarebbe stato possibile fare qualcosa
afferma la Tepco, che aggiunge che non ha preso provvedimenti perché altrimenti avrebbe dovuto spegnere la centrale per effettuare i lavori di messa in sicurezza, e questa decisione avrebbe avuto ripercussioni politiche ed economiche, e messo in allarme la popolazione. Ma poi arrivò il terremoto/tsunami e tutto precipitò. Ma come mai questa ammissione di colpa?
I motivi sono tanti. Prima di tutto, ormai non serve più a niente negare. Tutti sanno che la responsabilità è la loro, e la condanna è già stata emessa. Secondo, l’azienda ha avviato da qualche mese una sorta di “operazione Simpatia” in stile BP dopo il disastro della marea nera, e questa operazione rientra proprio in quest’ottica. Ma soprattutto, il motivo per cui è stato fatto è che adesso chiunque sia dotato di un minimo di cervello si rende conto che le centrali nucleari sono pericolose, e dunque la Tepco, affermando che con le dovute precauzioni il disastro di Fukushima si sarebbe potuto evitare, cerca di inculcare ancora una volta nella mente dell’opinione pubblica l’idea che ci può essere un nucleare sicuro. Per fortuna (o purtroppo) è ormai troppo tardi.
[Fonte: Corriere della Sera]
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