Fukushima fu teatro di una crisi nucleare di gran lunga precedente a quella verificatasi l’undici marzo scorso, a seguito del violento terremoto e del conseguente devastante tsunami che ha travolto il Giappone, mandando in avaria i sistemi di raffreddamento della centrale. Correva l’anno 1997 quando il reattore numero tre della centrale nipponica gestita dalla Tepco necessitò di un pronto intervento a causa di alcune crepe nell’involucro di acciaio che circonda il nucleo radioattivo. Un difetto a dir poco pericoloso. La società, per scongiurare il rischio di danni maggiori, ricorse all’assunzione di operai stranieri e vedremo più avanti perché. A rivelarlo alla Reuters è Kazunori Fujii, tra coloro che parteciparono all’epoca alla gestione dell’emergenza.
Per aggirare le norme sulla sicurezza previste in Giappone la Tokyo Electric utilizzò risorse provenienti dal Sud-Est Asiatico per le mansioni maggiormente pericolose. Fujii spiega:
Non è un fatto molto noto ma io so quello che è successo. Quello che abbiamo fatto non sarebbe stato consentito in base agli standard di sicurezza giapponesi.
L’assunzione di forza lavoro da impiegare in operazioni particolarmente critiche, proveniente da altri Paesi, con saldatori fatti giungere persino dagli Stati Uniti, testimonia, secondo il parere degli esperti, come la Tepco, azienda che detiene un potente monopolio e forti agganci politici in Giappone, avesse iniziato a sviluppare una cultura lassista per quanto concerne le norme di sicurezza e questo già molti anni prima del disastro nucleare occorso a Fukushima, il secondo incidente atomico più grave al mondo dopo Chernobyl.
La sicurezza dovrà necessariamente configurarsi come un fattore prioritario per un’industria nucleare che abbia intenzione di sopravvivere ai recenti eventi. Sicurezza degli impianti e per i lavoratori ma anche, rimanendo in tema, protezione dal rischio terrorismo. A lanciare un monito a riguardo è stato nei giorni scorsi il professor Matthew Bunn della Harvard University:
Sia al Qaeda che i gruppi terroristi ceceni hanno preso ripetutamente in considerazione il sabotaggio di reattori nucleari.
Molte centrali sono ancora meno pronte ad affrontare una simile eventualità di quanto non lo siano alle calamità naturali. Bisogna agire per proteggere i siti esposti agli attacchi perché, sottolinea l’esperto, non bisogna affatto sottovalutare che incidenti dell’entità di Fukushima possono verificarsi anche a causa di attentati.
[Fonti: Nuclear terrorism can cause another Fukushima; Japan’s throwaway nuclear workers, Reuters]
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