La diffusione a macchia d’olio degli impianti fotovoltaici nel nostro Paese è, in linea di massima, cosa buona e giusta al fine di produrre energia pulita, abbattere le emissioni di agenti inquinanti, e dipendere sempre meno dal petrolio e dal carbone. Ma se questo vale di certo per gli impianti integrati sui tetti, per quelli installati a terra bisogna comunque fare molta attenzione sia al consumo di suolo, sia alle aree che si vanno ad occupare. Negli ultimi tempi, non a caso, anche in Italia i prezzi dei terreni agricoli stanno lievitando, con il proprietario che è più disposto a cederlo ad una società attiva nelle rinnovabili, strappando un prezzo quasi come se si trattasse di un’area edificabile, piuttosto che cederlo ad un agricoltore per “pochi spiccioli“.
Come diretta conseguenza i giovani imprenditori agricoli fanno sempre più fatica a fare gli agricoltori, e nel contempo si rischia su tutto il territorio nazionale una vera e propria proliferazione incontrollata degli impianti fotovoltaici a terra. A lanciare in tal senso un grido d’allarme nei giorni scorsi è stato in Puglia, la “patria” del fotovoltaico, Antonio Gabellone, Presidente della Provincia di Lecce, il quale ha esortato i Comuni sul territorio ad approvare in merito allo sviluppo degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili degli adeguati strumenti finalizzati alla pianificazione urbanistica.
A tal fine il 24 febbraio scorso a Lecce il Consiglio Provinciale ha approvato una deliberazione, con voto unanime, riguardante proprio l’installazione di impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile nel Salento, con particolare riferimento allo sviluppo “selvaggio” del fotovoltaico. Secondo il Presidente Gabellone, la Regione Puglia sulla questione farebbe bene a rimediare trasferendo in materia le deleghe alle Province in quanto sono queste quelle che nel complesso conoscono meglio, rispetto ai singoli Comuni, le caratteristiche paesaggistiche e naturali del territorio.
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