Gli scienziati dell’Università di Warwick e del National Oceanography Centre di Southampton hanno aperto la “scatola nera” del fitoplancton eucariotico e hanno scoperto che esso è responsabile della fissazione del 50% del carbonio degli oceani immagazzinato dal fitoplancton.
La fissazione del carbonio da parte del fitoplancton negli oceani svolge un ruolo chiave nel ciclo globale del carbonio, ma non è ancora del tutto chiaro. Finora i ricercatori ritenevano che fossero i cianobatteri a svolgere un ruolo fondamentale nel processo che vedeva coinvolti fitoplancton e carbonio. Ma ora gli scienziati dell’Università di Warwick e del National Oceanography Centre di Southampton hanno aperto la “scatola nera” del fitoplancton eucariotico e hanno scoperto che in realtà esso incide sulla metà della fissazione del carbonio degli oceani da fitoplancton.
I cianobatteri (alghe verdi-azzurre), crescono in gran numero nelle acque di superficie illuminate dal sole degli oceani: la zona fotica. Essi utilizzano la luce solare per fissare il carbonio, convertendo l’anidride carbonica in zuccheri e altri composti organici attraverso la fotosintesi.
I cianobatteri appartengono al ‘picophytoplankton‘, il più piccolo fitoplancton. Fino ad ora si riteneva dominassero la fissazione del carbonio in mare aperto, insieme a specie appartenenti ai generi Prochlorococcus e Synechococcus, particolarmente abbondanti.
Come tutti i batteri, i cianobatteri sono procarioti, distinti dagli eucarioti per l’assenza di un nucleo cellulare. Tuttavia, anche se in quantità molto meno abbondante rispetto ai cianobatteri, la zona fotica ha anche una elevata biomassa di fitoplancton, piccoli eucarioti capaci di ottemperare anch’essi alla fissazione del carbonio.
“La comunità fitoplanctonica eucariotica è stata a lungo una ‘scatola nera’ in termini di composizione, nonché del contributo alla fissazione del carbonio”, spiega il professor Dave Scanlan dell’Università di Warwick.
“Determinare come il carbonio venga fissato dai vari gruppi di biomasse è fondamentale per una piena comprensione del ciclo del carbonio della Terra”, aggiunge il professor Mikhail Zubkov del National Oceanography Centre.
Nella ricerca, pubblicata il 15 aprile sul Journal of the International Society for Microbial Ecology, gli scienziati hanno misurato il rapporto di fissazione del carbonio nei gruppi principali di fitoplancton presenti nell’Oceano Atlantico Nord-Orientale, in aree tropicali e subtropicali, grazie a campioni prelevati dalle acque di superficie nel corso di una crociera a bordo della Royal Research Ship Discovery.
Essi hanno scoperto che il fitoplancton eucariotico effettivamente fissa notevoli quantità di carbonio, e contribuisce ad immagazzinare fino al 44% del totale, pur essendo molto meno abbondante rispetto ai cianobatteri.
“Questo è molto probabilmente dovuto al fatto che le cellule eucariotiche del fitoplancton, anche se piccole, sono più grandi dei cianobatteri, e ciò gli consente di assimilare più carbonio”, spiega Zubkov.
È probabile che parte del carbonio organico dei prymnesiophyta e di altri fitoplancton eucarioti è successivamente esportato dalla zona fotica verso l’oceano profondo, piuttosto che essere restituito all’atmosfera sotto forma di anidride carbonica.
“Data la sua estrema importanza, è fondamentale ora cercare di capire i fattori che controllano la crescita del fitoplancton eucariotico negli oceani”, conclude Scanlan.
[Fonte: Ludwig Jardillier, John Pearman, David Scanlan, Mikhail Zubkov. Significant CO2 fixation by small prymnesiophytes in the subtropical and tropical northeast Atlantic Ocean. The ISME Journal, 2010; DOI: 10.1038/ismej.2010.36]
Karolin 1 Marzo 2017 il 2:08 am
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