Le nazioni insulari del Pacifico sono in prima linea nel fronte dei cambiamenti climatici, ma nonostante siano viste come le prime vittime, alcune di esse hanno cominciato a schierarsi in prima posizione per guidare il mondo nel settore delle infrastrutture energetiche rinnovabili.
Il Capo di Piul Island, una gruppo di isolette di Papua Nuova Guinea, Bernard Tunim, affronta la questione di petto. Ha infatti spiegato che
Non abbiamo creato il riscaldamento globale, ma noi siamo le prime vittime. Il mondo industrializzato deve agire in modo incisivo al vertice di Copenaghen, prima che sia troppo tardi per tutti.
Stando in ginocchio nelle acque profonde di Piul Island, il Capo Bernard indica un tronco di cocco in decomposizione a quasi 200 metri al largo della spiaggia e dice:
Quella potrebbe essere la nostra costa solo 10 o 15 anni fa. Guardate come il mare ci sta divorando. Noi siamo solo una piccola isola, le alte maree hanno già inondato i nostri giardini e presto saremo costretti a lasciare. Il futuro della mia isola è ormai solo per il pesce, non più per le persone.
Piul è uno dei 5 atolli che compongono il gruppo di isole Carteret in Papua Nuova Guinea, dove i 3.000 abitanti che vivono ancora in questi posti molto vulnerabili sono stati riconosciuti come i primi rifugiati nel mondo a causa del cambiamento climatico. Sono in corso preparativi per trasferirsi vicino a Bougainville, una grande isola montuosa, il prossimo anno o due. Per loro, parlare di cambiamenti climatici e dei mari in aumento non è un concetto astratto, ma è già la dura realtà.
Il Capo Bernard non ha tempo per le discussioni sulla questione se il problema l’ha causato è l’uomo o meno, l’effetto è lo stesso per lui e la sua gente: perderanno la loro patria. Come molti isolani, si preoccupa che il dibattito da parte degli scienziati e gli scettici del clima, con l’inazione del governo, stiano ritardando le azioni concrete.
Fonte: [Enn]