Si teme una nuova ondata di aviaria, l’influenza che nel 2006 fece strage di pollami e…di uomini. A lanciare l’allarme è la FAO, l’organizzazione per le politiche agricole e alimentari dell’ONU che parla attraverso il veterinario Juan Lubroth
La continua crisi economica internazionale ha significato minori risorse disponibili per la prevenzione dell’influenza aviaria H5N1 e di altre malattie di origine animale. E questo vale non solo per le organizzazioni internazionali, ma anche per i singoli Paesi.
L’influenza aviaria è endemica di alcuni Paesi del Medio Oriente e dell’Asia, ma in mancanza di controlli e di maggiori attenzioni per l’esportazione di animali vivi, potrebbe diffondersi a livello mondiale. Questo è quanto avvenne nel 2006, quando l’aviaria si diffuse in 63 Paesi, Europa compresa. La rapida diffusione dell’influenza, dal pollame all’uomo, significò l’abbattimento preventivo di oltre 400 milioni di polli e anatre con danni economici per più di 20 miliardi, e il contagio di 500 persone. Di queste, si legge nelle fonti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, 300 persero la vita. Occorrono maggiori investimenti nella prevenzione, ammonisce la FAO, anche perché oltre all’influenza aviaria c’è un’altra malattia che si sta diffondendo tra pecore e capre, la cosiddetta peste dei piccoli ruminanti, o PPR che, spiega Lubroth
Attualmente è in espansione nell’Africa sub-sahariana, provocando il caos nella Repubblica democratica del Congo e in altri paesi, ma sta appena iniziando a diffondersi anche in Sud Africa.
Il veterinario capo della FAO aggiunge che esiste un vaccino contro la PPR, ma non c’è volontà politica per prevenire il danno, eppure
Investire nella prevenzione significa miglioramento delle pratiche di igiene, controllo dei mercati e delle frontiere, della salute e della sicurezza nelle aziende agricole e nei mercati. Comprende laboratori equipaggiati e la formazione del personale per diagnosticare e rispondere ai focolai, nonché nell’organizzazione di servizi di divulgazione efficienti nei confronti degli agricoltori. Abbiamo bisogno di riunirci per trovare il modo di garantire la sicurezza della catena alimentare globale. I costi e i pericoli derivanti dal non agire, sono assolutamente troppo alti.
[Fonte: Quotidiano Sanità]
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