Un nuovo studio dei vulcanologi dell’INGV e dell’Università di Catania potrebbe aprire a nuove possibilità nella previsione delle eruzioni vulcaniche dell’Etna. Lo studio intitolato “Triggering mechanisms of static stress on Mount Etna volcano. An application of the boundary element method” è da poco apparso sulla prestigiosa rivista “Journal of Volcanology and Geothermal Research”.
Un team di scienziati dell’INGV, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, e dell’Università di Catania, in una ricerca portata avanti con modelli matematici computerizzati, utilizzati per analizzare le interazioni tra il magma e le faglie, hanno scoperto che il magma in fase di risalita può trasferire stress sul fianco est del vulcano siciliano, determinando una attivazione sismica della faglia Pernicana ed eventualmente anche di altre.
Ma non è tutto qui. Tale interazione tra magma e faglie può indurre attività sismica locale, che a sua volta può favorire una nuova risalita del magma che, tornando a quanto detto prima, può nuovamente trasferire stress sul fianco del vulcano causando ulteriore attivazione sismica delle faglie. Come si sarà capito la scoperta dei vulcanologi (che riguarda, lo ricordiamo, il versante orientale del vulcano, un versante particolarmente instabile) consiste nella delineazione di questo “meccanismo di feedback”, un loop che, come si legge nel comunicato ufficiale diramato dall’INGV, “è in grado di spiegare l’evoluzione delle maggiori crisi eruttive e sismiche degli ultimi decenni all’Etna”.
Lo studio pubblicato sul Journal of Volcanology and Geothermal Research porta le firme di Eugenio Privitera, Amalia Bonanno, Stefano Gresta (presidente dell’INGV), Giuseppe Nunnari e Giuseppe Puglisi, e sembra possa portare non solo alla comprensione delle crisi eruttive e sismiche passate, relative al vulcano, ma che possa anche aprire a nuove possibilità nella previsione degli eventi sismici ed eruttivi dell’Etna, a oggi, lo ricordiamo, sempre il maggior vulcano attivo in Europa.
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