Acquistereste mai un prodotto alimentare che per arrivare dalla terra alla vostra tavola inquina quanto un SUV? Probabilmente no, ma ancor più probabilmente lo fate tutti i giorni. Sicuramente ciò accade con i prodotti provenienti dall’altra parte del mondo che durante tutto il processo di lavorazione emettono CO2 senza che il consumatore ne sappia nulla. Per questo Legambiente, in collaborazione con IEFE-Bocconi e Ambiente Italia, ha proposto una “etichetta per il clima“.
Niente di complicato: insieme ai nomi degli ingredienti che compongono ogni prodotto, l’associazione propone di inserire anche il suo impatto ambientale misurato in CO2. L’intenzione è di far capire al cliente finale quanto inquina un prodotto rispetto ad un altro, e magari a parità di qualità e di prezzo, far propendere verso quello che inquina meno. In questo modo si potranno favorire maggiormente le filiere corte e le produzioni bio locali, scoraggiando così l’arrivo dei prodotti dalla Cina o dall’Est Europa che costeranno anche meno, ma inquinano come delle ciminiere.
In Italia probabilmente ci vorranno anni e non diventerà mai una imposizione di legge. Per questo Legambiente chiede alle aziende nostrane di aderire volontariamente all’iniziativa, e già un centianaio lo hanno fatto. All’estero l’esperimento ha avuto successo, come ad esempio Inghilterra dove 25 mila prodotti sono già tracciati, o negli Stati Uniti dove lo sono ben 10 mila.
Possono aderire a questa iniziativa praticamente tutte le aziende. Non solo quelle che si occupano del settore food, ma anche i no food, come dimostrano alcune aziende che producono stampanti e televisori che hanno già introdotto sui loro imballaggi la quantità di CO2 emessa per realizzare quel determinato prodotto. Ovviamente non ci si fida ciecamente delle aziende, ma Legambiente ha avviato una serie di studi scientifici in collaborazione con Ambiente Italia per controllare che l’inquinamento denunciato dalle aziende corrisponda al vero, per far stare quanto più possibile sereni i potenziali acquirenti. Il movimento è sempre più in crescita e potrebbe rappresentare la vera green economy del futuro.
[Fonte: Repubblica]
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