Un gruppo di scienziati irlandesi ha trovato la prova di un’improvvisa estinzione nella biodiversità vegetale. Uno scrigno di 200 milioni di anni che conteneva foglie fossili raccolte nella parte Orientale della Groenlandia racconta la storia custodita per milioni di anni. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista Science.
I ricercatori si sono sorpresi nello scoprire che un probabile candidato responsabile per la perdita della vita vegetale è stato un piccolo aumento di gas a effetto serra di biossido di carbonio, che ha causato un’incremento della temperatura della Terra. Il riscaldamento globale è stata a lungo considerato come il colpevole dell’estinzione di diverse forme di vita, e questa potrebbe esserne una prova.
Secondo Jennifer McElwain della University College di Dublino, autrice dello studio, il biossido di zolfo, dovuto ad ampie emissioni vulcaniche, può essere stato una delle cause delle estinzioni. Esso può aver contribuito all’incremento dell’anidride carbonica.
L’intervallo di tempo calcolato va dal confine del Triassico al Giurassico, noto per l’estinzione misteriosa dei suoi animali e vegetali. Fino a tale ricerca, il ritmo delle estinzioni si credeva fosse graduale, nel corso di milioni di anni. E’ stato difficile comprendere i dettagli sul ritmo dell’estinzione utilizzando i fossili, perché essi sono in grado di fornire solo delle “fotografie” o scorci di organismi che una volta vivevano.
Utilizzando una tecnica sviluppata dallo scienziato Peter Wagner dello Smithsonian Institution National Museum of Natural History di Washington, DC, i ricercatori sono stati in grado di individuare, per la prima volta, segni precoci che questi antici ecosistemi si stavano deteriorando, sintomo che le prime piante stavano cominciando ad estinguersi. Il metodo rivela primi segnali di allarme che un ecosistema è in difficoltà.
Con l’anno 2100, è previsto che il livello di biossido di carbonio nell’atmosfera moderna possa raggiungere il livello circa due volte e mezzo più elevato rispetto ad oggi. Secondo McElwain:
Questa è ovviamente la peggiore delle ipotesi. Ma è proprio a questo livello [900 parti per milione] che abbiamo rilevato l’antica estinzione della biodiversità. Dobbiamo tenere conto dei primi segni di deterioramento degli ecosistemi moderni. Abbiamo imparato dal passato che elevati livelli di estinzioni delle specie, circa l’80%, può verificarsi molto improvvisamente, ma sono preceduti da un lungo intervallo di cambiamenti ecologici.
La maggior parte dei moderni ecosistemi non ha ancora raggiunto il proprio punto di non ritorno, in risposta ai cambiamenti climatici, ma molti sono già entrati in un periodo di prolungata modifica ecologica. Conclude McElwain:
I primi segni di deterioramento sono evidenti. La più grande minaccia per il mantenimento dei livelli attuali della biodiversità sono variazioni nella destinazione dei terreni, come la deforestazione. Ma anche variazioni relativamente piccole di anidride carbonica e della temperatura globale possono avere inaspettatamente gravi conseguenze per la salute degli ecosistemi.
E, aggiungiamo noi, anche per l’uomo.
Fonte: [Sciencedaily]