Ormai non se ne parla più, quasi per “esorcizzare” uno dei più gravi disastri che hanno fatto perdere miliardi di euro alle compagnie aeree, ma il vulcano dal nome impronunciabile, l’islandese Eyjafjallajokull, è ancora attivo. Al momento si sta investendo molto sulla ricerca per trovare il modo di attraversare la nube, se questa dovesse ripresentarsi sui cieli italiani, senza dover rimandare tutti i voli a data da destinarsi.
L’apparecchio si chiama AVOID (Airborne Volcanic Object Identifier and Detector), e secondo l’EasyJet che lo testerà per prima, dovrebbe permettere agli aerei di cambiare rotta anche all’interno della nube rilevando la densità delle particelle potenzialmente dannose entro un raggio di 100 km grazie ai raggi infrarossi. In attesa di sapere se questa nuova tecnologia funzionerà veramente, possiamo però già calcolare l’impatto che l’eruzione ha avuto sul clima in maniera più precisa rispetto alle prime stime di un mese fa.
Secondo gli esperti, le eruzioni vulcaniche possono migliorare tutti e tre gli aspetti fondamentali riguardanti il cambiamento climatico: buco dell’ozono, riscaldamento e raffreddamento del pianeta. Le eruzioni vulcaniche infatti emettono, tra le altre cose, diverse particelle che possono interagire con l’ozono, tra cui acido cloridico, aerosol e cloro. Queste sono in grado, se raggiungono lo strato di ozono, di ridurlo, ma siccome non superano quasi mai la troposfera, si possono dire sostanzialmente innocue. Ma c’è un aspetto positivo. Mantenendo a terra gli aerei, l’eruzione ha ridotto enormemente le quantità di CFC (clorofluorocarburi) che raggiungono l’ozono, queste sì con capacità distruttive molto maggiori.
In passato altre eruzioni come quelle del monte Pinatubo (Filippine) e monte Hudson (Cile) hanno mostrato una perdita di ozono del 15-20% ad alte latitudini e del 50% sopra l’Antartide. In quei casi però avvenne un fenomeno che non è accaduto con il vulcano islandese: le particelle emesse dalle eruzioni interagirono con quelle emesse dagli esseri umani, aggravando ulteriormente la situazione dello strato di ozono.
Un discorso simile si può fare per la Co2. L’anidride carbonica è nota per essere uno dei fattori principali dei mutamenti climatici. Essa viene emessa anche dalle eruzioni vulcaniche, e a primo impatto sembrerebbe che questa emissione potrebbe aggravare il riscaldamento globale. Un certo aumento delle temperature è avvenuto, ma anche stavolta il blocco delle attività umane ha fatto sì che la Co2 che venisse liberata nell’atmosfera fosse di gran lunga inferiore, portando paradossalmente ad un aumento inferiore della temperatura. Secondo le stime dell’Unione dei Geofisici Americani, le attività umane emettono 150 volte la Co2 emessa da tutti i vulcani attivi in un anno.
Contemporaneamente la piccola quantità di riscaldamento globale causato dai gas serra generati dall’eruzione è compensata dalla quantità di gran lunga maggiore del raffreddamento causato dalle particelle generate nella stratosfera (effetto nebbia), continuano i geofisici, spiegando che il riscaldamento da effetto serra della Terra è stato particolarmente evidente dal 1980. Senza l’influenza del raffreddamento di eruzioni precedenti, come El Chichon (1982) e del Monte Pinatubo (1991), il riscaldamento per effetto serra sarebbe stato più pronunciato. In questo modo le temperature globali sono state abbassate.
L’eruzione che ha fatto “meglio” nella storia è stata proprio quella di El Chichon, che abbassò la temperatura terrestre di 0,3-0,5° C. Nel 1815 in Indonesia avvenne l’eruzione vulcanica più grande della storia, quella del vulcano Tambora. L’anno appena successivo, il 1816, passò alla storia come l’anno senza estate in quanto la temperatura globale (che ancora, vista l’epoca, non era misurabile), fu talmente abbassata che l’inverno fu insolitamente rigido e la primavera e l’estate non conobbero il caldo. Le eruzioni più famose della storia invece, Pinatubo e Hudson, entrambe a distanza di un mese l’una dall’altra nel 1991, emisero la più grande nuvola di ossido di zolfo che il pianeta abbia mai visto, la quale si diffuse in tutto il mondo in pochi mesi e tenne le temperature più basse in media di un grado per ben due anni. Insomma, sembra quasi che la Terra abbia trovato questo escamotage per combattere il riscaldamento prodotto dall’uomo. Ed ora qualche foto suggestiva dell’eruzione di aprile.
Foto: [Flickr]
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