L’onorevole Michela Vittoria Brambilla si è distinta negli ultimi anni per le sue battaglie animaliste, la più famosa delle quali fu l’impegno per la chiusura di Green Hill. Ora però si spinge un po’ troppo oltre e propone di vietare il consumo della carne di cavallo. La questione nasce in seguito allo scandalo della carne equina introdotta negli alimenti commercializzati come bovini. Siccome la questione sembra riguardare un’enorme quantità di alimenti e sembra difficile da controllare, la Brambilla ritiene che si debba risolvere il problema a monte, vietando la consumazione della carne di cavallo.
La proposta shock dell’esponente del Pdl è far rientrare gli equidi (quindi non solo i cavalli ma anche asini, muli e bardotti), nella categoria degli animali da compagnia, come cani e gatti, e di conseguenza vietarne la macellazione. Ma non solo. Questa equiparazione vieta anche qualsiasi tipo di sfruttamento di questi animali, quindi ad esempio non esisterebbero più le corse dei cavalli, i circhi, gli asini non potrebbero più essere usati per trasportare merce, e così via.
Come se peraltro facendo così il problema si risolvesse. Mentre da noi sembra una soluzione possibile perché la carne di cavallo la mangiamo normalmente, in altre culture come ad esempio in Spagna la carne di cavallo già oggi non è considerata commestibile. Eppure in Spagna lo scandalo è arrivato come in Italia, se non di più.
Semmai la proposta più fattibile è arrivata ieri dai Ministri delle Politiche Agricole e della Salute, i quali hanno proposto una nuova legge che blocchi cautelativamente l’importazione di cavalli, vivi o morti che siano, dalle nazioni in cui non esiste un controllo ed un’etichettatura credibili, come ad esempio i Paesi dell’Est Europa dove sembra che abbia avuto inizio tutta la vicenda. Non sarebbe più semplice per tutti introdurre una tracciabilità della carne equina esattamente identica a quella bovina? Dopotutto se il problema sono i circa 10 mila cavalli che si stima siano stati macellati in Italia senza autorizzazione, basterebbe una sorta di anagrafe equina per evitare brutte sorprese.
[Fonte: Corriere della Sera]
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Luca 12 Marzo 2013 il 10:52 am
La proposta non è affatto shock! Semmai è shockka la distinzione tra animali di compagnia e non. Un animalista vede nell’animale un individuo al pari, anzi spesso superiore all’uomo. quindi è normale che non se ne nutri o non voglia sfruttarlo. Il problema è che questo sentimento si sta diffondendo perdendo il senso delle dimensioni. Ci sono discorsi salutistici, certamente. Però dominano sensibilità volte a non far male agli animali. Questo è un problema non solo filosofico, perchè se la maggior parte della popolazione ritiene che mangiare e “sfruttare” gli animali sia male, l’intera popolazione dovrà convertirsi al veganesimo. Ora. Se andiamo avanti con questa linea di principio, si arriva alle estreme conseguenze di ritenere qualsiasi forma di vita al pari e degna di vivere, e allora diventeremo fruttariani e saremo tutti illuminati…affamati ma illuminati