Quello appena finito è stato un anno nero per l’eolico. Il numero di installazioni di nuovi impianti è crollato rispetto al ritmo degli anni precedenti ed il 25% in meno di scintillanti turbine hanno roteato nel vento del 2010. Si conclude con questo bilancio fortemente negativo il primo anno di recessione in Italia per il rinnovabile eolico. La causa prima del cattivo vento che soffia è da ricercarsi nel crollo dei certificati verdi. Tale analisi e le relative considerazioni sono state prodotte dall’Anev, l’Associazione Nazionale Energia del Vento, che ritiene il dato
molto preoccupante perché riflette un diffuso malessere tra gli operatori e, in prospettiva, mette a serio rischio il raggiungimento degli obiettivi comunitari al 2020 e allo stesso tempo l’occupazione a quella data, secondo uno studio congiunto Anev-Uil, dei 67.000 addetti nel settore ipotizzati.
L’Anev prosegue nello spiegare le ragioni di tale crollo che definisce come
conseguente ad una normativa che nel corso del 2010 ha fortemente penalizzato l’eolico nazionale per il calo drastico degli incentivi. Infatti, spiega l’associazione, il crollo del 40% del valore dei Certificati Verdi ha determinato apprensione e sfiducia sia degli investitori che del sistema finanziario, poco propensi a investire e finanziare ingenti risorse in un settore che, fino all’anno scorso, aveva potuto contare su un sistema incentivante funzionale, con determinati punti di riferimento che garantivano agli operatori seri e preparati il ritorno degli investimenti effettuati ma che ora si trova a confrontarsi con un quadro di grande incertezza e preoccupazione sui prossimi provvedimenti.
L’Anev si dice anche preoccupata per le scadenze imposte all’Italia dall’Unione Europea:
La potenza cumulativa raggiunta di 5.797 MW al 31 dicembre 2010 potrebbe ancora consentire il raggiungimento dei valori necessari per ottemperare all’obbligo comunitario, ma solo mediante un tempestivo adeguamento della normativa, che deve coniugare l’esigenza di pervenire alla crescita imposta ed accettata della percentuale di contributo delle rinnovabili sino al 17% di energia primaria, con la messa in opera degli strumenti idonei ed efficaci per il raggiungimento di tale obiettivo.
L’Anev lancia anche un appello al Governo sottolineando
la gravità della situazione, certificata dai dati ufficiali relativi al 2010.
ed auspica che
il Governo intervenga tempestivamente con la modifica e l’emanazione tempestiva delle norme di recepimento della Direttiva Comunitaria al fine di far ripartire il comparto eolico che è esportatore di tecnologia e che può contribuire al rilancio e alla ripresa industriale del nostro Paese, oltre ai noti benefici ambientali e occupazionali connessi. Inoltre le recenti modifiche dei procedimenti autorizzativi che garantiscono la trasparenza del percorso amministrativo, il Protocollo di legalità sottoscritto dall’Anev, il Piano di Azione Nazionale inviato a Bruxelles lo scorso agosto e le Linee Guida pubblicate sempre da questo esecutivo dopo sette anni di attesa hanno finalmente creato un quadro certo entro cui gli investitori seri possono operare senza intasare di domande gli enti preposti e bloccando le possibili speculazioni.
L’associazione afferma l’assoluta ed urgente necessità di far ripartire il settore con decisione. Tornerà il vento in poppa per i nostri mulini?
[Fonte: Adnkronos]
Alonzo 1 Marzo 2017 il 1:28 am
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