Al Festival dell’Energia di Lecce (20-23 maggio 2010) si è affrontato, tra i tanti, il tema della disparità dei consumi, nell’ambito del più ampio dibattito su energia e responsabilità. Si è parlato, nello specifico, di uno dei più grandi nodi ancora irrisolti legati al mondo dell’energia:
un americano consuma come 70 kenioti, ha spiegato il noto conduttore televisivo Patrizio Roversi, chiamato a moderare il dibattito.
L’energia è un diritto di tutti, come l’acqua? E se sì, come fare a garantirlo? E poiché garantirlo implica necessariamente un aumento dei consumi di energia, come garantirlo continuando a salvaguardare l’ambiente?
Sono intervenuti Rosa Filippini, Presidente dell’associazione amici della terra, Pippo Ranci, dell’Istituto Universitario Europeo, Ken Zweibel, dell’Institut for Analysis of Solar Energy, Paolo Saraceno, dell’INAF e Alberto Morselli, Filctem CGIL.
E’ tempo che l’energia diventi davvero un diritto di tutti. E’ quanto ha dichiarato Pippo Ranci nel suo intervento, ricordandoci che nessuno se ne occupa perchè fornire energia ai Paesi più poveri non è redditizio:
Chi se ne occupa? Nessuno purtroppo, perché non è un mercato interessante per l’industria. Accade per l’energia quanto già accade per l’industria farmaceutica: forse a qualcuno interessa fare ricerca per curare le malattie dei poveri? No. Le malattie dei poveri non sono redditizie. I sistemi energetici adatti a salvaguardare il livello minimo di sussistenza energetica richiedono un’intelligenza locale, l’uso di tecnologie diverse da quelle sofisticatissime che usiamo noi e che non sono remunerative.
E allora, come fare a ridurre questo divario, a riportare l’attenzione su una più equa distribuzione delle risorse che prescinda dagli utili? Per Paolo Saraceno bisogna porre un freno alla crescita della popolazione mondiale per limitare i consumi e, paradossalmente, proprio fornire energia ai Paesi sottosviluppati può frenare l’incremento demografico, con l’introduzione di nuove tecnologie e il miglioramento della qualità e della durata della vita:
Il diritto all’energia è il diritto alla vita: lo dico in senso assolutamente concreto. Chi ha energia, campa. C’è una correlazione straordinaria, tra questi due fatti: chi consuma 15 kwh all’anno di energia campa 40 anni, e sono la maggior parte delle persone nel mondo, chi consuma 10.000 kWh all’anno campa 80 anni. Avere energia significa ospedali, trasporti, condizionamento, riscaldamento…
E sempre in tema di innovazioni e di ecosostenibilità, le prospettive sono positive per i Paesi in via di sviluppo che già possono scegliere di optare per la green economy. A detta di Ken Zweibel, direttore dell’Institut for Analysis of Solar Energy, lo scoglio è rappresentato dalla politica:
“Abbiamo diverse opzioni applicabili oggi, tutte low carbon: veicoli elettrici, eolico, solare. L’innovazione avanza rapidamente e molto bene, dobbiamo essere ottimisti sulle prospettive dell’innovazione e anche sulla condivisione delle tecnologie, anche i cinesi e gli indiani possono scegliere. Sono anche fiducioso del fatto che presto diventeranno competitive con i fossili, il solare in particolare, perché la curva dei costi già oggi è discendente. Sugli aspetti politici invece non posso essere ottimistico, ho un sacco di domande in merito”.
Il dibattito si infervora, con la partecipazione del pubblico che si pone importanti domande sull’etica di alcune aziende di servizi energetici. Saltano fuori alcuni nomi, ENI e Shell:
Le compagnie occidentali petrolifere, come ENI e Shell, che vanno in Nigeria per sfruttare i pozzi di petrolio e bruciano nelle torce il gas che esce da quei pozzi, si rendono conto di cosa fanno? Perché questo gas non può essere usato lì?
A questo proposito, Ranci ipotizza uno scenario alquanto inverosimile, ma che tutti noi sognamo possa realizzarsi:
Quello di cui stiamo parlando è un caso difficile e però emblematico. Da un punto di vista del profitto aziendale, quel gas lì costa meno farlo bruciare. Diventa un problema di responsabilità di impresa. Un amministratore delegato dovrebbe sedersi nel consiglio di amministrazione e dire ho fatto un investimento non redditizio, scientemente, perché era giusto. Nel sistema questo non è facilissimo da dire.
Un’azienda può fare una scelta che vada contro il suo profitto soltanto per etica? Io credo di no, a meno che dalle istituzioni e dalla politica non arrivino incentivi e leggi ferree che obblighino ad uno sfruttamento delle risorse responsabile in chiave sostenibile.
[Fonte: Energiaspiegata.it]