Cominciano ad arrivare i primi effetti della guerra contro l’Europa sul campo di battaglia della tassa sulle emissioni degli aerei. La Cina ha infatti disdetto un ordine per 45 airbus, 10 superjumbo A380 e 35 A330 lungo raggio. Il costo dell’operazione è di 9 miliardi di euro, soldi che sicuramente ci avrebbero fatto comodo in questo momento difficile per l’economia. E c’è di più. Secondo un recente studio effettuato dalla Repubblica Popolare Cinese e dalla Russia, sarebbero oltre mille i posti di lavoro a rischio per questa tassa, più altri mille nell’indotto.
Una tassa che dopotutto a conti fatti non sembra così terribile. L’Unione Europea infatti aveva concesso che anziché pagarla le aziende, fosse inserita sul costo del biglietto, in modo da far ricadere il costo sui passeggeri che dovrebbero essere scoraggiati ad utilizzare questo mezzo inquinante, almeno finché gli aerei non fossero equipaggiati con sistemi a basse emissioni. Ma questo ricarico è davvero minimo, dai 2 ai 12 euro a passeggero, che su un volo a lungo raggio che costa 700-1000 euro, di certo non fanno la differenza.
Ma vuoi per una questione di principio, vuoi perché in Cina i prezzi dei biglietti aerei sono fissati dallo Stato e non si possono aumentare, fatto sta che sono scattate le contromosse. Continua a rimanere in piedi la minaccia di non far attraversare le rotte europee dagli aerei cinesi, e per una volta con il colosso asiatico si schierano anche gli Stati Uniti ed altri Paesi che non sono d’accordo con la tassa.
Nei giorni scorsi sono insorte anche le principali compagnie europee (British Airways, Virgin Atlantic, Lufthansa, Air Berlin, Air France e Iberia) che non si sono dette felici di far pagare ai propri passeggeri quest’altro costo. E l’Europa come ha risposto? Venerdì scorso si sono riuniti i Ministri dell’Ambiente del Vecchio Continente, e questi hanno confermato che la tassa entrerà in vigore nel 2013, senza nessuna distinzione. La guerra continua.
Photo Credits | Thinkstock
Commenti (2)