Le politiche degli ultimi anni che hanno favorito l’efficienza energetica in Italia cominciano a dare i loro frutti. Il nostro Paese in Europa consolida la sua quarta posizione nella graduatoria dei Paesi più efficienti, energeticamente parlando, con risultati migliori anche di due colossi come Germania e Francia. Anche se la politica di incentivi, come quello per le ristrutturazioni, non è stata sempre lineare, ma è sembrato di andare un po’ sulle montagne russe tra abbassamenti e rialzi delle percentuali, il mercato italiano ha retto bene.
Caldaie ad alta efficienza, elettrodomestici a risparmio energetico, coibentazione ed altri aspetti hanno portato nell’anno 2011, l’ultimo i cui dati sono completi, ad un incremento dell’efficienza energetica del 17,1% rispetto al 2010. Un risultato importantissimo se consideriamo che tra il 2009 ed il 2010 il miglioramento era stato solo dell’1%.
Si tratta di risultati che hanno una significativa ricaduta per l’economia italiana e che costituiscono dei progressi effettivi in un processo di riconversione verso la green economy. L’Italia deve ora massimizzare le opportunità connesse all’efficienza energetica puntando a superare gli obiettivi europei al 2020
ha dichiarato il commissario dell’Enea Giovanni Lelli. In Europa il Paese migliore in quanto ad efficienza energetica è il Regno Unito, seguito da quelli che sono sempre stati i Paesi efficienti per eccellenza come Irlanda e Danimarca. Tornando dalle nostre parti, l’Italia nel 2011 ha risparmiato la bellezza di 57.595 gigawattora che significano, allargando il campo a tutto il settore della green economy, 100 mila posti di lavoro creati. Nessun settore può vantare numeri simili, specialmente in un periodo di crisi in cui il lavoro di solito si perde.
Il futuro però non è roseo. Come ricorda Mariagrazia Midulla del WWF, tra pochi mesi lo strumento che ci ha permesso di raggiungere questo obiettivo, la detassazione del 55% degli investimenti nelle ristrutturazioni per aumentare l’efficienza, scadrà, e si tornerà al 36%. Potrebbe significare rallentamento degli investimenti, con tutte le conseguenze che ne derivano.
[Fonte: Repubblica]
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