Il giro d’affari delle ecomafie nel nostro Paese ammonta a circa 16,6 miliardi di euro. Con un fatturato da multinazionale, il volume dei traffici illeciti copre gran parte dell’economia italiana a cominciare dalla raccolta e dallo smaltimento dei rifiuti, all’abusivismo edilizio, al traffico di animali esotici e a rischio estinzione, agli incendi dolosi, alla distruzione del paesaggio. E questi sono gli illeciti solo per quel che riguarda le tematiche ambientali.
Dall’ultimo dossier di Legambiente sulle ecomafie il quadro complessivo è molto pessimistico e i traffici illeciti ogni anno si rafforzano di nuove leve e di nuovo denaro. Denaro che inevitabilmente impoverisce lo Stato e la sua possibilità di riqualificare e risanare dove le ecomafie distruggono. Le regioni più colipite dalle ecomafie rimangono quelle del Mezzogiorno d’Italia: la Campania, la Calabria, la Puglia e la Sicilia dove i reati per traffico illecito raggiungono quasi il 50% dei reati commessi ogni anno.
Si tenta di estirpare questo male, ma è talmente addentro nella nostra economia che le conquiste della politica sono solo marginali, laddove vengono messe in atto. Il sistema SISTRI è uno dei molti esempi di come tra il dire e il fare, in Italia, c’è di mezzo il mare. Il sistema è stato ideato con l’obiettivo di monitorare la raccolta, la gestione e il riciclo dei rifiuti; ma la sua effettiva applicazione è ancora lontana. Gran parte dei traffici illeciti nel nostro Paese sono seguiti da Raffaele Cantone, uno dei molti magistrati attivi nella lotta alla criminalità organizzata. Egli è autore di diversi libri sulle ecomafie, come da ultimo “Operazione Penelope: Perché la lotta alla criminalità organizzata e al malaffare rischia di non finire mai”, tenta di analizzare le dinamiche che ruotano attorno alle ecomafie e alla possibiltà di contrastarle. Il titolo che cita il mito di Penelope che tesse e disfa una tela in attesa del ritorno di Ulisse, allude alla difficoltà, ma non all’impossibilità, di combattere l’illecito.
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