Altro che turismo, altro che made in Italy. L’industria più florida in Italia è quella dell’Ecomafia (per non parlare della mafia in generale). Si tratta di soldi sporchi fatti ai danni dell’ambiente in diversi settori in cui ad arricchirsi sono in pochi, dalla mafia siciliana alla ‘ndragheta calabrese, passando per la camorra campana ed altre pseudo-organizzazioni sparse in tutt’Italia (sono quasi 300). Ma a pagarne il prezzo siamo noi, normali cittadini a cui viene sottratto il territorio ed in molti casi la salute.
Il funzionamento è molto semplice e nell’ultimo rapporto Legambiente lo spiega in una maniera molto comprensibile, e cioè ricostruendo una vicenda spiegata da un pentito di ‘ndrangheta in un fumetto. Per farla in breve, i soldi delle estorsioni, della droga e di altri traffici illeciti vengono utilizzati per creare ecomostri come centri commerciali o interi Paesi sorti nel nulla, pagando mazzette o con altri servizi ai politici di turno per concedere aree verdi incontaminate alle ruspe che le distruggeranno e le riempiranno di cemento.
Secondo il rapporto 2012, ma riferito all’anno 2011, l’economia delle Ecomafie in Italia ha fatto registrare un fatturato da 16,6 miliardi di euro, soldi che ci permetterebbero di uscire dalla crisi in un attimo, frutto di oltre 33 mila reati ambientali all’anno, una media di quasi cento al giorno. E ciò che più conta è che sono in crescita di anno in anno, segno che nonostante le tante belle parole non si fa mai nulla per limitarle.
Tra i principali danni alla comunità ci sono furti e distruzione di opere d’arte o paesaggi naturali come gli incendi boschivi dolosi, illeciti nel settore agroalimentare (triplicati in un anno), reati edilizi ma soprattutto sfruttamento illecito dei rifiuti. Le autorità cercano con i mezzi che hanno di contrastare tutti questi reati, e nello scorso anno hanno fatto registrare oltre ottomila sequestri, trecento arresti e quasi 28 mila denunce, tutte in crescita rispetto al 2010, ma evidentemente non basta a far desistere questa gente senza scrupoli.
[Fonte e foto: Legambiente]
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