La Terra mette a disposizione sé stessa e i suoi prodotti per permettere il sostentamento delle specie viventi. Ogni anno questa produzione si rinnova per poter essere consumata l’anno successivo. Ma il sovrasfruttamento e gli sprechi dell’uomo moderno hanno comportato un fenomeno che mai si era verificato nella storia prima degli anni ’80: la produzione annuale della Terra viene consumata prima della fine dell’anno. In pratica consumiamo più di quello che la Terra produce.
Questo meccanismo si può definire “debitorio”, nel senso che noi siamo in debito con la Terra perché utilizziamo una riserva che prima o poi finirà. A calcolare questa situazione che non può andare avanti per sempre è il Global Footprint Network, l’organizzazione internazionale che misura l’impatto dell’esistenza sulla natura, la quale ha calcolato che il giorno in cui avviene il “pareggio” nel bilancio tra produzione e consumo ogni anno arriva prima, e quest’anno capita proprio oggi, 21 agosto. In pratica per i prossimi 4 mesi e 10 giorni consumeremo le riserve della nostra Terra. Non solo, perché nel bilancio rientra anche la quantità di emissioni che la Terra è in grado di assorbire.
Questo giorno viene soprannominato Earth Overshoot Day, o in italiano “il giorno del superamento”, calcolato per la prima volta nella storia nel 1987 quando il 21 dicembre fu raggiunto il pareggio. Da qui in poi questo infausto giorno è stato anticipato di anno in anno, arrivando al 21 novembre nel 1995, al 20 ottobre nel 2005, a settembre nel 2009 e al 21 agosto nel 2010. Di questo passo arriveremo a raggiungere, e purtroppo a supeare, la metà dell’anno, con un bilancio pericolosamente in rosso.
Quando si esauriscono in nove mesi le risorse di un anno si dovrebbe essere seriamente preoccupati. La situazione non è meno urgente sul fronte ecologico, cambiamenti climatici, perdita di biodiversità e carenza di cibo e acqua sono tutti chiari segnali di come non potremo più continuare a consumare a credito
afferma Mathis Wackernagel, presidente di Global Footprint Network. E noi non possiamo che dargli ragione.
Fonte: [Ansa]
Commenti (1)