Tutti ci rendiamo conto di quanto siano importanti i colloqui di Doha, iniziati da pochi giorni in Qatar, con l’obiettivo di porre nuove regole vincolanti valide per tutti gli Stati. Il problema è che non tutti sono d’accordo. Persino la tanto inquinante America, secondo emettitore mondiale nonché uno dei pochi ad ostacolare il vecchio Protocollo di Kyoto, si è detta disponibile a mettere in campo degli sforzi. Peccato che pare che nel Nuovo Continente sia l’unica a volerlo fare.
D’altra parte anche gli sforzi statunitensi sono un po’ un controsenso dato che basano la loro politica energetica sul fracking, il sistema per recuperare gas scisto con una tecnica che inquina tantissimo, o petrolio dalle sabbie bituminose, ma almeno ci provano. Dopo l’accertamento dell’inquinamento del fracking, Obama ha escluso che questa tecnica venga abolita nel suo Paese, ma almeno ha promesso che verrà ridotta. I circa 200 Governi riuniti a Doha sembrano convergere almeno su questo punto. Va bene che ancora c’è chi vuol puntare sui combustibili fossili, ma almeno cerchiamo di ridurre le tecniche di estrazione inquinanti.
La conferenza di Doha non sarà quella definitiva. Si tratta solo di un ulteriore passo verso l’accordo che (si spera) i Governi mondiali troveranno entro il 2015, da far entrare in vigore dal 2020. Il fine ultimo è di ridurre le emissioni di gas serra come e più di quanto fatto con il Protocollo di Kyoto. L’obiettivo è scongiurare lo scenario prospettato da alcuni gruppi di scienziati e confermato anche dalla Banca Mondiale e dall’Agenzia internazionale per l’energia che affermano come, continuando ad inquinare con questi tassi, c’è il rischio che entro la fine del secolo le temperature medie saranno tra i 4 ed i 6 gradi superiori a quanto sono oggi, con scenario catastrofici in vista. Negli ultimi anni la politica ha fatto molti passi in avanti e non ci si può di certo fermare adesso.
Non sembra però che questo interessi il Canada che è arrivato a Doha con il chiaro intento di indebolire qualsiasi trattato. Attualmente il Paese inquina il 23% in più di quanto era stato stabilito nel Protocollo di Kyoto, e di questo passo potrebbe arrivare a superare il 28% alla fine del prossimo anno. Per questo ha abbandonato il Protocollo dopo averlo firmato (unico Paese al mondo) e si presta a guidare la folta schiera di nazioni che si opporranno a questo prolungamento. La maggior parte dell’economia del Canada si basa sul petrolio e per questo non c’è l’intenzione di limitarlo. Vedremo se qualcuno riuscirà a fargli cambiare idea.
[Fonte: The Guardian]
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