Diossina
La diossina è una delle sostanze chimiche più tossiche conosciute al giorno d’oggi. Una ricerca pubblicata nel 1994 dalla US Environmental Protection Agency descrive chiaramente la diossina come una minaccia grave per la salute umana. Secondo il rapporto EPA non sembra esserci nessun livello “sicuro” di esposizione alla diossina, dunque non ha senso porre un limite di legge sotto il quale la presenza di diossina possa essere accettabile.
La diossina è un termine generico che descrive un gruppo di centinaia di sostanze chimiche (419 calcolate fino ad oggi) che sono altamente persistenti nell’ambiente. Il composto più tossico è la 2,3,7,8-tetraclorodibenzo-p-diossina o TCDD. La tossicità delle diossine e altre sostanze chimiche simili che agiscono come diossina sono misurate in relazione alla TCDD. La diossina si forma come un involontario sottoprodotto di numerosi processi industriali che coinvolgono il cloro, come l’incenerimento dei rifiuti, produzione di agenti chimici e pesticidi, nella fabbricazione della pasta di legno e nello sbiancamento della carta.
La città italiana di Seveso, in provincia di Monza e Brianza, nel 1976 fu evacuata quasi totalmente a causa di una nube tossica, contenente diossina, sprigionatasi dagli impianti chimici della ICMESA in uno degli incidenti peggiori della storia.
La diossina si forma dalla combustione di composti chimici a base di cloro con idrocarburi. La principale fonte di diossine nell’ambiente deriva dagli inceneritori di rifiuti di vario genere. L’inquinamento da diossina è inoltre associato con le cartiere che utilizzano candeggio al cloro nel loro processo e con la produzione di cloruro di polivinile (PVC), di materie plastiche e con la produzione di alcuni prodotti chimici clorurati (come molti pesticidi).
La diossina provoca il cancro. Il rapporto EPA ha confermato che la diossina è un rischio per gli esseri umani. Anche in altre ricerche si è giunti alla stessa conclusione, come quella del 1997 effettuata dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) che fa parte della Organizzazione Mondiale della Sanità, o quella del gennaio 2001, dello US National Toxicology Program che ha ritenuto il 2,3,7,8-TCDD un prodotto “cancerogeno per l’uomo”. Un’analisi del 2003 ha infine ribadito che non vi è una “dose sicura” nota o “soglia” al di sotto della quale la diossina non causa il cancro. Quello più comune causato da questa sostanza è il cancro al seno.
Oltre al cancro, l’esposizione alla diossina può causare anche gravi problemi riproduttivi e dello sviluppo (anche con livelli 100 volte inferiori rispetto a quelli che causano il cancro), danneggia il sistema immunitario ed interferisce con i sistemi ormonali. L’esposizione alla diossina è stata associata a:
- Difetti alla nascita;
- Incapacità di portare a termine la gravidanza;
- Diminuzione della fertilità;
- Riduzione del numero di spermatozoi;
- Endometriosi;
- Diabete;
- Disturbi dell’apprendimento;
- Soppressione del sistema immunitario;
- Problemi polmonari;
- Malattie della pelle;
- Abbassamento dei livelli di testosterone e molto altro.
Ma come si viene a contatto con la diossina? Le principali fonti sono nella nostra dieta. Poiché la diossina è liposolubile, si accumula, risalendo la catena alimentare. Nella tipica dieta Occidentale, il 93% dell’esposizione di una persona proviene da carne e latticini. Nei pesci, queste tossine sono soggette a bioaccumulo nella catena alimentare in modo che i livelli di diossina arrivano ad essere 100.000 volte superiori a quelli dell’ambiente circostante. E’ possibile trovare diossina anche nei prodotti della terra e nei crostacei, mentre livelli molto bassi si possono trovare anche nell’acqua, nelle piante e nell’aria.
Gli uomini non hanno modi per sbarazzarsi della diossina entrata nel loro corpo, le donne invece possono sbarazzarsene attraverso la placenta dopo un parto o nel latte materno, il quale però può diventare pericoloso per il bambino. Nella maggior parte dei casi entra nei tessuti grassi e vi rimane per tantissimo tempo, in media dai 7 agli 11 anni.
Non tutti gli impianti di incenerimento rifiuti emettono diossina. La moderna tecnologia infatti permette di installare degli apparecchi che controllano questa sostanza, ma purtroppo gli impianti dotati di questa opportunità non sono molti. L’incenerimento adeguato del materiale contaminato è il miglior metodo disponibile per prevenire e limitare l’esposizione alle diossine. Il processo di incenerimento richiede alte temperature, oltre 850° C. Per la distruzione di grandi quantità di materiale contaminato, le temperature possono essere elevate anche oltre i 1000° C. La prevenzione o la riduzione dell’esposizione umana sono più efficaci se apportate alla fonte diretta (nei processi industriali), piuttosto che dopo l’esposizione. Questa è una responsabilità dei governi nazionali, ma nel riconoscimento dell’importanza di questo approccio, la Commissione del Codex Alimentarius ha adottato nel 2001 un Codice di condotta per le misure dirette a ridurre la contaminazione degli alimenti con sostanze chimiche (CAC / RCP 49-2.001), e nel 2006 ha adottato un Codice di condotta per la prevenzione e riduzione della diossina e di PCB diossina-simili che contaminano alimenti e mangimi (CAC / RCP 62-2.006).
Per autotutelarsi, il consumatore deve diminuire i grassi animali nella dieta, variegare i suoi alimenti per ridurre la quantità di esposizione. Ma secondo quanto ammette la stessa OMS, le possibilità per il consumatore finale di evitare l’esposizione sono alquanto limitate. Il lavoro maggiore dev’essere fatto dai governi sul controllo degli allevamenti e sulle pratiche di smaltimento rifiuti.
Per approfondire:
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