Se avete qualche euro da spendere in un investimento ecologico, non fatelo in Italia. E’ questa la conclusione a cui arriva la Deutsche Bank, prendendo in analisi diversi fattori di investimento, tra cui il più importante, quello della legislazione nazionale. Stilando una sorta di elenco di 109 nazioni in cui è possibile investire nell’ecologia, l’Italia è messa tra quelle in cui l’investimento sarebbe “ad alto rischio“, cioè la categoria 3, quella in cui compaiono anche i Paesi del Terzo Mondo.
Sul sito delle Nazioni Unite, dove la banca tedesca ha pubblicato la sua relazione, si può leggere:
Investire sul clima in Italia? Una cosa solo per i coraggiosi. Se state cercando opportunità di investimento collegata ai cambiamenti climatici, non mettete l’Italia in cima alla vostra lista. Non è assolutamente chiaro che tipo di legislazione il suo primo ministro Silvio Berlusconi intenda adottare sul clima.
E’ questa la principale preoccupazione che induce gli investitori a non scegliere l’Italia. Una preoccupazione più volte espressa anche sulle pagine di questo sito, in quanto quelle poche leggi che c’erano sulle agevolazioni agli investimenti nell’ecologia, sono state eliminate dall’attuale Governo Berlusconi, ed anzi, alcune sembrano remare nella direzione opposta.
A risentirne, secondo il Climate Tracker, cioè l’analisi sul rischio degli investimenti ambientali, sono le possibilità sulle rinnovabili, per nulla incentivate dal Governo italiano, con una legislazione in merito molto confusa e contraddittoria. Senza poi parlare di agevolazioni per quanto riguarda il mercato dell’auto pulita o la tutela dell’ambiente: praticamente inesistente.
In questo elenco di nazioni in cui investire, classificate al livello uno (quello più sicuro) ci sono Francia, Germania, Giappone, Australia, Brasile e Cina; al livello due, tra le altre, compaiono anche Stati Uniti e Regno Unito, che stanno facendo un po’ di confusione sull’argomento. Il problema è che meglio di noi ci sono anche nazioni come il Sudafrica, il Messico e addirittura l’Indonesia, che per chiari problemi ambientali è costretta a far qualcosa in tal proposito. Malissimo invece l’Italia, che nel periodo 2000-2008 ha investito molto meno delle altre grandi nazioni, ma anche meno di quelle che non rientrano tra quelle considerate “più avanzate”, come l’Australia o il Brasile. Il problema maggiore per il nostro Paese dunque rimane la confusione nell’ambito della legislazione ecologica, e speriamo che almeno con questo appello internazionale il Governo decida di intraprendere qualche iniziativa in più.