Di un allarme desertificazione su scala globale avevamo parlato già tempo fa, con la pubblicazione dei risultati di uno studio spagnolo che metteva in guardia da un rischio riguardante addirittura il 38% del mondo. Come indicato da Montserrat Núñez, ricercatore presso l’Agro Food Research and Technology Institute (IRTA), il principale indiziato è il degrado del suolo:
Un uso del suolo che non sia sostenibile può portarne al degrado. Se questo accade nelle zone aride e semi-aride, come lo sono alcune aree della Spagna, questa degradazione porta alla desertificazione, e gli effetti possono essere irreversibili, perché i terreni coinvolti diventano totalmente improduttivi.
E torna a parlare del problema anche L’UNEP, l’agenzia delle Nazioni Unite per l’ambiente che, in una nota diffusa in questi giorni, fa sapere che la desertificazione, causa la cattiva gestione delle risorse idriche, pratiche agricole scorrette e non da ultimo i cambiamenti climatici, avanza e minaccia molte aree, interessando oltre un miliardo di persone per un totale di 3,6 miliardi di ettari, pari ad un quarto della superficie terrestre.
Il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon spiega che il continuo degrado della terra rappresenta una minaccia per la sicurezza alimentare, accrescendo il problema della fame nel mondo e sottraendo terreni coltivabili indispensabili al sostentamento delle popolazioni.
Stando ai dati diffusi dall’UNEP, ogni anno la desertificazione si impossessa di ben 12 milioni di ettari di terra arabile. Particolarmente colpita dal fenomeno la regione semi-arida del Sahel, che si estende dal Senegal al nord della Somalia, con gravi conseguenze e crisi alimentari per gli abitanti dell’area.
Per contrastrare l‘avanzata dei deserti, l’UNEP ha presentato un programma decennale che prevede un rafforzamento delle misure già adottate sinora, per combattere la desertificazione su scala globale. Tra le misure previste progetti comunitari che includono la piantumazione di alberi e piante, porre un freno allo sfruttamento eccessivo dei pascoli da parte degli allevatori di bestiame e la formazione delle comunità locali, che saranno direttamente coinvolte in una migliore gestione della loro terra.
[Fonte: Reuters]
Sarahi 7 Aprile 2017 il 9:06 am
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