Fioccano i milioni come se piovesse intorno al caso della Costa Concordia. A più di un anno dall’incidente che ha visto la più grande nave da crociera italiana incagliarsi di fronte all’isola del Giglio, ne sono successe di tutti i colori. E siccome siamo in Italia, è successo persino l’inverosimile, ovvero che il comandante della nave, Schettino, chiedesse di essere riassunto, e che la Costa chiedesse all’Italia di pagare i danni di cui lei stessa è responsabile. Ieri è stata presentata la relazione sul disastro ambientale con cui è lo Stato a chiedere il risarcimento danni all’azienda.
Lo studio è stato effettuato dall’Avvocatura dello Stato che ha prodotto una relazione di 50 pagine che, in sintesi, dimostrano l’inquinamento di cui la Costa è responsabile, nonché la distruzione dell’habitat marino per cui ci vorranno decenni, forse secoli, per sperare in un ripristino. Il danno maggiore è stato effettuato sullo scoglio sul quale la nave si è andata ad incagliare. Uno scoglio che, è bene ricordarlo, faceva parte di un’area protetta ed aveva un alto valore ambientale.
Sul testo si legge che l’impatto ha comportato una alterazione morfologica della roccia, la quale ha distrutto l’habitat delle specie presenti
tra cui 7.500 metri quadrati di Posidonia oceanica e moltissimi esemplari di Pinna nobilis, mollusco a rigorosa protezione.
Le acque intorno al relitto sono fortemente inquinate a causa delle vernici e della carena, con 250 mila metri cubi d’acqua trasformati in “rifiuti liquidi” che per ora si trovano all’interno della nave, ma che in buona parte sono destinati a fuoriuscire e contaminare tutta l’area intorno, mettendo in ginocchio, oltre l’ambiente, anche l’economia dell’isola che già oggi di certo non se la passa bene.
Infine, a tutto questo, si va ad aggiungere anche l’inquinamento prodotto dalle tante navi di ogni dimensione che hanno affollato l’area in questo anno e mezzo di disastro, vuoi per le operazioni di recupero, bonifica o per le rilevazioni, ma fatto sta che anche il carburante di tutti questi natanti, che in teoria in un’area protetta non potrebbero nemmeno entrare, contribuisce a peggiorare la situazione del Giglio. In tutto questo va specificato che le operazioni di recupero ancora non sono cominciate. La situazione ambientale è quindi destinata a peggiorare sempre di più.
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