L’ambiente italiano è in crisi. Le cause sono tante, ma la maggiore è senza dubbio il consumo di suolo. Almeno secondo un recente studio effettuato presso l’Università de L’Aquila che ha calcolato un incremento della cementificazione selvaggia negli ultimi 50 anni che mette in pericolo interi ecosistemi. Il problema è che l’urbanizzazione è fatta senza regole, con centri urbani che spuntano come funghi senza tutele per il territorio e che hanno bisogno di infrastrutture, che si mangiano altro suolo, per essere collegati tra di loro.
Senza poi contare quelle opere che sono volutamente illegali come edifici abusivi che vengono condonati (4 milioni e mezzo le richieste di condono dal 1985 al 2003), cave e discariche che poi, in un modo o nell’altro, passano inosservate e riducono ulteriormente il suolo italiano. Secondo i dati dello studio ad esempio, in Emilia Romagna spariscono 9 ettari di suolo al giorno; mediamente in tutto il Paese le città “crescono” di 800 metri quadrati per 75 ettari di terreno in meno al giorno, tutto in onore del Dio Cemento.
Tutto il territorio italiano è un’opera d’arte creata dall’uomo con l’agricoltura, che, se fatta bene, è un’opera d’arte
ha spiegato Giulia Maria Mozzoni Crespi, presidente onorario del Fai, secondo cui però questa opera d’arte è messa a rischio dalla cementificazione. Le dà ragione Confagricoltura che denuncia come quest’attività abbia costretto già 600 mila aziende agricole a chiudere per mancanza di spazio. Dunque come fare per risolvere la questione? Non si può all’improvviso smettere di far funzionare la macchina dell’edilizia altrimenti rimarrebbero senza lavoro migliaia di persone. La soluzione la propongono Fai e WWF:
moratoria delle nuove edificazioni su scala comunale e il censimento degli effetti dell’abusivismo edilizio su sala comunale. Inoltre, dare priorità al riuso dei suoli anche utilizzando la leva fiscale per penalizzare l’uso di nuove risorse territoriali e permettere il cambio di destinazione d’uso di un terreno se coerente con le scelte in materia di ambiente, paesaggio, trasporti e viabilità.
In sostanza significa evitare che i centri storici cittadini rimangano abbandonati perché acquistare una casa e ristrutturarla a volte costa 2-3 volte che acquistare una casa fuori città completamente nuova. Ma anche
rafforzare la tutela delle nostre coste, estendendo da 300 a mille metri dalla linea di battigia il margine di salvaguardia e difendere i fiumi non solo attraverso il rispetto delle fasce fluviali, ma con interventi di abbattimento e delocalizzazione degli immobili situati nelle aree a rischio idrogeologico
in questo modo le tragedie come quelle a cui assistiamo inerti negli ultimi anni di paesi inondati da due gocce d’acqua potrebbero essere, se non eliminate, almeno ridotte drasticamente.
[Fonte: Corriere della Sera]
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