Siamo ormai a poche ore dalla chiusura del congresso di Durban, ed a meno che questa sera non accada qualcosa di eccezionale, verranno confermate le predizioni fatte su queste pagine sin da prima dell’inizio della conferenza. Siamo molto vicini ad un accordo, ma molto probabilmente questo non si farà e tutto verrà rimandato al Rio +20 di giugno o forse anche oltre. Ieri un altro passo in avanti è stato compiuto dai Paesi più recalcitranti: Brasile, Canada, Giappone e l’Unione Africana hanno deciso di unirsi all’Europa, e gli Stati Uniti hanno ammorbidito la propria posizione.
Per maggiore precisione i Paesi sopra citati hanno aderito alla road map tracciata dall’UE per ridurre le emissioni e stilare un accordo globale sui cambiamenti climatici, ma tale accordo non varrà da subito. Ci vorrà il 2015 per ultimare tutti i dettagli e partirà solo dal 2020. L’ammorbidimento degli States invece è dovuto al fatto che hanno approvato le proposte europee, anche se non vi hanno aderito. Manca da vedere cosa farà la Cina che non sembra molto contenta del trattato, ma che non ha intenzione di passare per il Paese che manda tutto all’aria. Lo stesso dicasi per l’India che in pratica rimane legata a ciò che deciderà la Cina.
L’accordo, il massimo che si è riuscito ad ottenere, che è sempre meglio di nulla, è che dopo la scadenza del Protocollo di Kyoto (2012) ogni Paese stabilirà autonomamente la propria quota di taglio delle emissioni entro il 2020. Nel frattempo i rappresentanti continueranno ad incontrarsi periodicamente per trovare accordi globali, in modo da arrivare al 2015 con un testo su cui tutti convergono e che (si spera) tutti firmino, che sottoporrà ogni nazione del mondo ad una serie di vincoli che diventeranno obbligatori dal 2020. Si tratta, per dirla in parole povere, di rimandare il problema.
L’ultimo ostacolo sta nelle date, visto che gli Stati Uniti non vogliono fissare scadenze entro cui devono scattare gli accordi vincolanti, ma qui si sta parlando sempre di decisioni per cui ci vogliono anni. Più nell’immediato il pericolo è che il mondo vada a due velocità, con l’Europa fortemente impegnata nella riduzione delle emissioni ed altri Paesi, come Usa e Cina, che faranno come gli pare, cioè nulla.
[Fonte: The Guardian]
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